Il contrasto al bullismo diventa impresa. Succede in una scuola di Lecce

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Il Movimento anti bullismo animato da studenti adolescenti “MABASTA”, nato nel 2016 ad opera di una classe di studenti dell’Istituto “Galilei-Costa” di Lecce, dopo due anni e mezzo di attività, inizia a fare sul serio e diventa impresa sociale.
Cosa è una Impresa sociale? È un’impresa economica (quindi destinata allo scambio di beni e servizi) che però ha due peculiarità, primo deve realizzare delle finalità di interesse generale (pertanto “sociale”) e coinvolgere quanti più soggetti possibili, secondo: non deve avere la finalità di lucro, è un soggetto non profit che svolge attività d’impresa.Questo è esattamente lo spirito di “Mabasta”, è una startup ideata da giovanissimi che ha per mission quella di mettere in campo idee, iniziative e azioni “dal basso” per contrastare e, possibilmente, sconfiggere i pessimi fenomeni di bullismo e cyberbullismo.
In “giacca e cravatta” quindi, come si conviene nell’essere manager, ma jeans e sneakers non possono mancare, come si conviene tra giovani. A breve i ragazzi che animano la startup sociale “Mabasta” lanceranno e pubblicheranno quello che definiscono il “Modello Mabasta”, una sorta di protocollo composto da consigli e comportamenti che ogni classe e/o scuola d’Italia può liberamente adottare. Sono tutte pratiche originali (alcune anche molto divertenti) concepite dalle giovani menti di questi studenti, creativi e impegnati allo stesso tempo.
«Ci auguriamo che, con l’adozione del nostro modello Mabasta,raccontano gli studenti dell’attuale classe 4°A del “Galilei-Costa” di Leccesi possa davvero dare una frenata e una svolta decisiva ai tanti, troppi episodi di prevaricazione che leggiamo tutti i giorni sui media nazionali e internazionali. Ce la stiamo mettendo tutta nell’inventare pratiche nuove e sperimentazioni che, con il contributo e l’aiuto di tutti, possano migliorare nel tempo e portare a risultati importanti. La nostra “impresa sociale” non ha come obiettivo quello di fare e accumulare denaro, ma quello di tentare di risolvere un grave problema sociale che crea tanta sofferenza e, a differenza di un ente del terzo settore che si fonda su basi volontarie, far sì che possa essere per noi un vero e proprio lavoro, possibilmente ricompensato.»

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