Gli studenti contro il numero chiuso

“Non passatemi il microfono altrimenti scoppio a piangere”. Occhiali scuri, t-shirt con stampa di Topolino sul davanti, al massimo 20 anni. Sulla piazza di Montecitorio l’8 maggio gli studenti hanno manifestato per il libero accesso al sapere. Ovvero contro il numero chiuso nelle università. Non sono molti, sventolano le bandiere dell’Udu, Unione degli Universitari, il più grande sindacato nazionale degli studenti, che ha organizzato il sit-in.
Tra loro c’è chi non è riuscito a coronare il sogno di una vita da medico, odontoiatra, veterinario o chissà quale altra professione. C’è chi ci sta male davvero per un insuccesso che con molta probabilità condizionerà il suo futuro.
La data per continuare ad alzare la voce in cerca di risposte dal mondo politico, non è scelta a caso. Proprio ieri era attesa dal Tar del Lazio la sentenza sul ricorso collettivo presentato dall’Udu per conto di circa 2000 studenti che non sono riusciti a superare il test di Medicina dello scorso settembre. Una sentenza che in realtà non arriva. L’avvocato Michele Sonetti in serata ha infatti spiegato che nel corso della lunga discussione con i giudici della II sezione bis “abbiamo ritenuto opportuno chiarire che la nostra richiesta mira a consentire a tutti la possibilità di iscriversi ai corsi”. E continua spiegando che i giudici si sono dimostrati molto attenti nell’ascoltare le argomentazioni proposte. Ma il verdetto deve ancora arrivare.
Federica Musetta, coordinatrice nazionale dell’Udu, in conferenza stampa appena dopo la manifestazione, alla presenza di alcuni onorevoli del Partito democratico, ha parlato delle ragioni della protesta. Non dicono un “no” secco alla selezione nelle università, ma non credono nel metodo utilizzato oggi: “un test nozionistico che non riesce a verificare la reale propensione verso un certo corso di studi”.
In sintesi chiedono l’abrogazione della legge (264/99) che introduce in Italia il numero chiuso e la stesura di un nuovo decreto sull’accesso all’università. In cantiere hanno anche una proposta di legge, “da elaborare con i parlamentari che ci stanno dimostrando interesse”.
Per il momento comunque hanno già stilato una serie di linee guida, come il ritiro del decreto Mussi-Fioroni “che dà troppo peso alla carriera scolastica per l’accesso all’università senza tener conto delle diverse realtà scolastica da cui si proviene” e un piano pluriennale che preveda un finanziamento straordinario per il graduale adeguamento delle strutture al numero degli studenti e non viceversa (come accade ora).
Manuel Massimo

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