Specializzandi costretti a fare flessioni come punizione per essersi presentati in reparto anche soltanto con qualche minuto di ritardo: è quanto denuncia l’Associazione liberi specializzandi (Als) sulla situazione da “clima da caserma” all’interno della Scuola di Specializzazione di Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Salerno.
Il caso, raccontato oggi sulle pagine di Repubblica, parte proprio dalla denuncia dell’associazione che racconta come gli specializzandi “vengano obbligati a presentarsi alle ore 6.30 per lo svolgimento dell’attività formativa. In caso di ritardo sono costretti a eseguire dei piegamenti sulle braccia e a pagare la colazione a tutti i presenti. Riteniamo questa pratica indegna di un paese civile”.
Immediata la segnalazione al Rettore dell’Università e al Direttore sanitario dell’azienda ospedaliera “Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”, oltre che all’assessore regionale campano alla Salute e al Direttore generale per la formazione universitaria. Per questo sono state avviate due indagini interne per verificare la situazione: una dell’Azienda ospedaliera, l’altra dell’Università che nel frattempo ha affidato la direzione della Scuola al direttore del Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria in attesa dei risultati della commissione di inchiesta.
Fino a ieri la Scuola era diretta dal professor Nicola Maffulli, luminare sessantaduenne che ha anche una cattedra onoraria alla facoltà di Medicina della Queen Mary University, oltre a quella di Salerno, dove insegna Ortopedia e dirige, oltre alla formazione, anche il dipartimento dell’apparato locomotore.
In molti raccontano come Maffulli abbia scelto di puntare molto sul rigore come tratto distintivo della sua direzione della scuola ma, secondo le denunce degli specializzandi, in molti casi si sarebbe andato oltre. “Ci sono evidenti illegalità deontologiche e giudiziarie – ha detto a Repubblica Massimo Minerva, presidente dell’Associazione degli specializzandi – Ringraziamo i colleghi che, tutelati dall’anonimato, si sono rivolti a noi con coraggio. A chi ha paura di raccontare dico invece che, più dei professori, dovrebbe temere la scarsa preparazione a fine corso”.
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