Cervelli in fuga, rientro improbabile

Oltre la metà degli italiani laureati che si trovano all’estero (si stimano in cinquemila) non considera probabile un rientro a casa. È una decisione che prende sempre più consistenza con il passare della permanenza in un paese straniero. Lo rileva il rapporto sugli italiani nel mondo realizzato dalla Fondazione Migrantes elaborando dati di Almalaurea, il consorzio delle maggiori università italiane.
I laureati che hanno lasciato l’Italia si sono diretti prevalentemente nel Regno Unito (19,2%), in Francia (12,6%), in Spagna (11,4%), negli Usa (9,8%). A cinque anni dalla laurea, sono 52 su 100 i laureati occupati all’estero che considerano molto improbabile il loro ritorno.
Le percentuali di coloro che espatriano con titoli del ramo scientifico e tecnologico sono nettamente superiori a quelle che si riscontrano nel gruppo umanistico.
Le donne laureate sono tanto numerose quanto gli uomini ma la loro situazione – segnala il rapporto – «è sensibilmente peggiore perché sono sottorappresentate a livello dirigenziale e percepiscono retribuzioni inferiori, anche se comunque più soddisfacenti rispetto agli standard italiani».
Vista la difficile situazione del mondo del lavoro in Italia, come dimostrano anche le ultime stime Istat sulla disoccupazione, il rientro nella madrepatria per un ricercatore ad alto potenziale potrebbe seriamente rappresentare un autogol per la carriera: riuscire a trovare un impiego in linea con la sua preparazione e con il trattamento economico di cui gode all’estero potrebbe rivelarsi molto difficile. A che pro ritornare?
Manuel Massimo

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