Campo rom trasferito a Tor Vergata

Adesso non sono più i rom del Testaccio, ma quelli di Via Salamanca. In 120, o giù di lì, sono stati costretti a trasferirsi, loro malgrado, da quel pezzo di città (in cui si trovavano da almeno quindici anni) per mettere piede nella più inospitale (e periferica) Tor Vergata. Non si può certo dire, infatti, che gli abitanti dell’VIII Municipio, all’idea di avere dei nuovi vicini di casa, abbiano fatto i salti di gioia, primo fra tutti Alessandro Finazzi Agrò, rettore del secondo ateneo romano, che più volte ha rimarcato la proprietà, da parte dell’università, del terreno di insediamento, con la necessità che le autorità provvedano a sgomberare l’area al più presto.
Il blitz della polizia si compie nella mattinata del 6 giugno, a Testaccio. Armati di megafoni le autorità rendono nota alla popolazione rom l’ordinanza del questore che li vuole fuori da quella zona. Antun Blazevic, soprannominato Tonizingaro, mediatore culturale, quel giorno era presente, e racconta: “Il sindaco Alemanno non ha tenuto fede alla sua promessa, ci aveva detto che prima di provvedere allo sgombero dei campi rom abusivi si sarebbe impegnato in un censimento delle comunità presenti nella Capitale. Quello che è successo ci ha colto tutti di sorpresa. Ci siamo trovati di fronte al fatto compiuto, con la sola possibilità che ci è stata offerta di scegliere tra il trasferimento a Tor Vergata o a Castel Romano, fra i due mali abbiamo scelto il minore, ovvero Tor Vergata”.
Alla domanda ‘Cosa c’è che non va a Castel romano?’, Antun risponde: “Sarebbe il caso che, chi non lo sa, andasse a farci un giro. E’ la Guantanamo di Roma”. Un posto sperduto, situato in mezzo al nulla. “Dietro tutto questo c’è un disegno politico ben preciso – ha poi continuato – il sindaco forse, immaginava che con lo spostamento del campo rom a Tor Vergata gli studenti della destra si sarebbero aizzati contro di noi. Di fronte alle mobilitazioni, non gli sarebbe rimasto che dire ‘Vedete, qui non siete graditi e io vi mando a Castel Romano’, perché è lì che vogliono trasferirci”.
In verità, gli studenti di Azione Universitaria di Tor Vergata dichiarano di non avere alcuna intenzione di protestare. “Il sindaco ci ha assicurato che si tratta di una cosa provvisoria, tempo due mesi e il campo non ci sarà più”. E’ questo il commento lapidario di Luciano Cavaliere, studente di Tor Vergata e dirigente nazionale di Azione Universitaria. Né dai Collettivi di Sinistra è arrivato alcun appoggio. “Sono dei rammolliti – ha detto Antun – ma non gliene faccio una colpa. I giovani oggi hanno parecchie cose di cui occuparsi, primo fra tutti il precariato, fra tanti problemi perché dovrebbero interessarsi proprio a noi?”.
Una cosa però Antun la chiede, rivolgendosi proprio agli studenti, al di là di ogni appartenenza politica: “Sarebbe bello un confronto, un’occasione per parlare tutti assieme, anche per sfatare tanti pregiudizi che circolano sul popolo rom”.

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