“Aggredita sessualmente nel Metaverso”. La denuncia di una ricercatrice

Dopo il Covid la distanza sociale entra anche nel Metaverso: per evitare le molestie. Sì, nel neonato Horizon Worlds – la piattaforma di Meta (l’ex Facebook) – si è già consumato il primo assalto sessuale di gruppo ai danni di una donna. O meglio. Della suo avatar, la personificazione digitale. Lo ha raccontato Nina Jane Patel, ricercatrice della società Kabuni specializzata nello sviluppo di esperienze virtuali per ragazzi fra gli 8 e i 16 anni: invitata, proprio in virtù del suo mestiere, a testare il “nuovo mondo”. Peccato che – lo ha denunciato lei stessa con un lungo post pubblicato a fine Dicembre su Medium.com (la stessa piattaforma dove raccontò le molestie subite pure Lindsey Boylan, la prima accusatrice dell’ormai ex governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo) – appena entrata è stata aggredita verbalmente, palpeggiata e violentata in gruppo da altri avatar, fra l’incitamento di altri personaggi “tutti con voce maschile” che hanno scattato perfino foto e girato video. Tutto nel mondo virtuale.

L’aggressione nel metaverso

“La realtà virtuale è progettata in modo che mente e corpo non percepiscano la differenziare fra esperienza digitale e quella reale. E infatti la mia risposta fisiologica e psicologica è stata come se quella brutta cosa fosse accaduta nella realtà”, ha scritto infatti Patel. “L’attacco, 1 minuto dopo essere entrata in Horizon, mi ha colto di sorpresa, terrorizzata, paralizzata. Non sono nemmeno riuscita a mettere in atto la barriera di sicurezza. È stato un vero incubo”. Inizialmente la denuncia della vittima è stata accolta freddamente da Meta. Che dopo una rapida revisione interna, l’ha addirittura colpevolizzata: avrebbe potuto infatti attivare lo strumento chiamato “safe zone”, zona sicura, che chiude l’Avatar in una bolla protettiva: e non l’ha fatto. La risposta ha scatenato un putiferio: “È l’equivalente digitale di dire alle donne che se non vogliono essere molestate mentre camminano per strada dovrebbero restarsene a casa. La cara vecchia misoginia con una nuova confezione adatta all’era digitale”, l’ha addirittura bollata l’esperta di tecnologia ed editorialista del Guardian Arwa Mahdawi. Tanto che pochi giorni fa Meta ha svelato di aver messo in campo una nuova impostazione predefinita chiamata “Personal Boundary”, confini personali. Una sorta di distanziamento sociale che impone a tutti gli avatar la distanza di un metro su Horizon Worlds e Horizon Venus, i mondi dove sono già ospitati spettacoli e concerti.

Il distanziamento “sociale”

“Chi cercherà di penetrare nello spazio personale di un altro avatar verrà bloccato» ha spiegato Vivek Sharma, vicepresidente di Horizon. “Uno strumento che aiuterà a sviluppare future norme comportamentali e a stabilire regole in un mondo relativamente nuovo come quello virtuale”. Aggiungendo che in futuro la dimensione del proprio spazio d’azione potrà addirittura essere personalizzato. Ma a Nina Jane Patel ancora non basta: “Le molestie nel metaverso sono una questione serissima, tanto più ora che la realtà virtuale sta diventando la nuova frontiera del divertimento. Quell’industria deve creare regole più certe e misure per punire chi non si attiene, affinché tutti possano muoversi a proprio agio e sentirsi al sicuro”. 

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