Web-cam nel bagno delle studentesse all’Università: fermato un 50enne

Si trattrerebbe di un tecnico di un’azienda esterna al campus. La polizia trova dei video a casa del 50enne

La squadra mobile della questura di Savona ha denunciato a piede libero un uomo sospettato di essere la persona che ha installato una spy-cam nella toilette delle donne , all’interno del campus universitario di Legino, a Savona. La vicenda, emersa qualche giorno fa dopo il ritrovamento della microcamera da parte di uno studente di 19anni, aveva choccato l’ateneo.

L’uomo fermato dalla polizia, che ha potuto contare sia su una rete di videocamera di sorveglianza sia sulle testimonianze di molti dipendenti dell’università, sarebbe un italiano sui 50 anni, dipendente di una ditta esterna. La notizia ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’interno delle facoltà: “Siamo soddisfatti e sollevati — dice il prorettore Marco Testa — ringraziamo le forze dell’ordine per essere state celeri e avere subito individuato questa persona, apprezziamo anche la grande collaborazione anche da parte del personale dell’università, che si è messo totalmente a disposizione”.

Il pc con i video

A casa del denunciato la polizia ha trovato un computer con all’interno alcuni video girati presumibilmente dalla stessa telecamera (era puntata proprio sul vaso del water) e che non erano ancora stati cancellati. La sua attività voyeuristica andava avanti da qualche mese. “Quello che conta per noi è la tutela dei ragazzi e delle ragazze e per tutelarli abbiamo stipulato un accordo con l’unità di Psicologia della Asl 2 savonese — spiega il prorettore — per fornire a chi ne avesse bisogno la possibilità di condividere questo momento di difficoltà, con degli incontri dedicati e se sarà necessario ricevere un adeguato sostegno psicologico”.

La microcamera era stata trovata lunedì scorso da Pietro Pone, una matricola, che con l’aiuto di un’amica aveva diramato l’allarme attraverso i social. Il ragazzo, che era entrato nel bagno delle ragazze perché quello dei maschi non era disponibile, aveva trovato e fotografato il dispositivo, era uscito per raccontarlo ai compagni e quando era tornato, quattro minuti dopo, la videocamera non c’era più. Nel giro di poche ore la direzione dell’ateneo aveva denunciato l’accaduto e fatto scattare le indagini.

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