Il malcontento dei docenti precari esclusi dalla Carta Docente trova rivalsa in aula di tribunale attraverso i ricorsi. Migliaia di insegnanti a tempo determinato, si parla di almeno 5mila finora, hanno fatto causa contestando l’iniquità di un sistema che ha concesso ai soli docenti di ruolo il bonus annuale di 500 euro spendibile in cultura, computer e formazione. I ricorsi, ispirati da principi di giustizia e uguaglianza sanciti anche a livello europeo, non solo stanno dando ragione ai precari, ma li stanno anche risarcendo con somme significative. E così, migliaia di docenti a cui non era stato riconosciuto il diritto al buono, ora si ritrovano con risarcimenti da 1000 a 3mila euro. I casi e le sentenze attraversano tutta l’Italia, tutte le regioni, dal Veneto alla Sicilia, fino al Lazio.
I ricorsi vinti dai supplenti
A Treviso, un insegnante con anni di supplenze alle spalle ha finalmente ottenuto giustizia. La sua storia è stata portata dinanzi al giudice del lavoro, che ha ordinato al Ministero dell’Istruzione e del Merito di riconoscergli 1.500 euro, più interessi. Per anni, il docente ha partecipato con dedizione alla vita scolastica, rispettando ogni obbligo professionale, ma senza ricevere alcun sostegno per il proprio aggiornamento. Il tribunale ha stabilito che la discriminazione basata sul tipo di contratto non è più accettabile.
lungo e faticoso. Per sei anni, tra il 2018 e il 2024, ha collezionato supplenze annuali senza mai ricevere il bonus per la formazione, nonostante la professionalità e l’impegno portato avanti a lungo. A settembre, il Tribunale della città ha riconosciuto la palese ingiustizia, assegnandogli un risarcimento di 3mila euro. “È una questione di equità”, ha motivato il giudice, citando i principi di non discriminazione sanciti dalla Corte di Cassazione. La sentenza, condannando il Ministero dell’Istruzione e del Merito a sanare il debito formativo, ha riconosciuto sei anni di vuoto che il maestro ha dovuto subire.
Non meno significativa è la vicenda di una docente di Vicenza, che per quattro anni, dal 2019 al 2023, ha insegnato con contratti a termine. Il giudice ha accolto il suo ricorso e le ha riconosciuto 2mila euro, sottolineando che il suo lavoro era “comparabile” a quello di un collega di ruolo. Una sentenza divenuta un altro tassello nel mosaico delle rivendicazioni che stanno ridisegnando i diritti del personale scolastico.
Anche a Foggia, una maestra delle scuole primarie ha visto finalmente premiata la sua professionalità. Dopo tre anni di supplenze consecutive, ha fatto ricorso contro il Ministero sempre con il supporto del sindacato, ottenendo un risarcimento di 1.500 euro. Secondo il giudice, “la norma che preclude il diritto dei 500 euro per la formazione è incompatibile con l’ordinamento euro-unitario”. Il riferimento è a quanto previsto dalla Corte di Giustizia europea.
Cosa significa fare ricorso?
A sostenere tutti questi ricorsi c’è anche il sindacato Anief. “La presentazione del ricorso per recuperare la Carta del docente indebitamente sottratta ai precari è gratuito, ma va fatta entro i 5 anni dalla stipula del contratto a tempo determinato, pena la prescrizione. Farlo rappresenta un atto di giustizia verso se stessi e verso un’organizzazione scolastica che ancora troppo spesso si basa su norme non complete”, dichiara il presidente Marcello Pacifico. “Tutti i precari con supplenze annuali, con contratto fino al termine delle lezioni oppure anche brevi e saltuari se stipulati in modo consecutivo, hanno pieno titolo a ricorrere al giudice del lavoro e recuperare i 500 euro l’anno e per chi ha svolto più supplenze anche fino a 3.500 euro più interessi”, aggiunge il sindacalista.
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