L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una grave malattia neuromuscolare, caratterizzata dalla progressiva morte dei motoneuroni, le cellule presenti nel midollo spinale che innervano i muscoli e li fanno contrarre. La malattia colpisce i bambini, impedendo loro di svolgere una vita normale a causa delle difficoltà motorie e respiratorie che li affliggono. Le cause genetiche della malattia sono note, e riconducibili alla mutazione del gene SMN (gene per la “sopravvivenza dei motoneuroni”), le cui funzioni non sono ancora state del tutto chiarite. Rimangono invece oscuri i meccanismi alla base della degenerazione/morte dei neuroni colpiti. I ricercatori del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO)– Università di Torino – grazie al finanziamento delle Associazioni Girotondo Onlus e SMArathon, e del Ministero della Salute – hanno dimostrato come l’autofagia – il processo di “autodigestione” con cui la cellula rimuove e ricicla i suoi componenti non funzionali – contribuisca alla neurodegenerazione che caratterizza la SMA.
Lo studio sperimentale – pubblicato sulla rivista Cell Death and Disease (del gruppo Nature)- è stato coordinato dal direttore del NICO prof. Alessandro Vercelli, e si è avvalso della collaborazione internazionale con l’Università di Losanna (Svizzera) e Lleida (Spagna). Alterazioni dell’autofagia – con cui la cellula si “autopulisce”, anche per mantenersi nei momenti di difficoltà – possono contribuire alla degenerazione dei neuroni in numerose malattie neurodegenerative. «Un processo fondamentale dunque per mantenere i neuroni sani e funzionanti, ma quando è alterato può causare la degenerazione e la morte delle cellule, anziché proteggerle. La sua fine modulazione – spiega il ricercatore Antonio Piras del NICO – è quindi molto importante in caso di malattie neurodegenerative, come la SMA».
I ricercatori hanno osservato come alcuni marcatori della autofagia risultassero più espressi nel midollo spinale malato, segno di una spiccata autofagia in corso. Somministrato agli animali malati un inibitore della autofagia, la morte dei motoneuroni si è rallentata, e le performance motorie e la sopravvivenza sono migliorate. «Il risultato di questo lavoro individua nell’autofagia un promettente target terapeutico per la SMA – sottolinea la ricercatrice Marina Boido del NICO Università di Torino – la sua fine regolazione potrebbe infatti essere terapeutica, eventualmente in combinazione con altri trattamenti volti a manipolare l’espressione del gene SMN».
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