Assegni di ricerca “cuciti” addosso come abiti di alta sartoria. L’Università di Torino finisce nel mirino dell’Osservatorio indipendente dei concorsi universitari che denuncia: «Abbiamo preso in esame un’ottantina di concorsi e nella metà dei posti messi a disposizione si tratta di bandi “profilati” — spiegano i docenti — Cioè costruiti sull’identikit di giovani cloni dei docenti, magari molto diligenti, ma con competenze scientifiche limitate».
Il caso, riportato da Jacopo Ricca su Repubblica, riguarda un gruppo di pressione, composto da accademici di tutta Italia per monitorare la trasparenza e la correttezza dei concorsi negli atenei, ha analizzato 83 bandi per assegni di ricerca pubblicati negli ultimi mesi dall’ateneo torinese. Gli esempi sono molteplici e alcuni sono stati illustrati in una lettera che è stata pensata per «raccontare al grande pubblico che certe cose succedono anche nelle grandi università del Nord» spiega uno dei componenti dell’Osservatorio, Paolo Trovato.
Uno degli assegni banditi dall’Unito è dedicato a una ricerca sulle “Tracce culturali spagnole in Piemonte: letteratura ed editoria, didattica della lingua, turismo”, un lavoro pagato quasi 20mila euro lordi per 12 mesi: «Oltre al dottorato si richiede che il candidato abbia “solida competenza nella gestione di archivi digitali e database. Ottima conoscenza delle teorie traduttologiche comprovata da pubblicazioni. Esperienza nel campo dell’insegnamento della lingua spagnola in ambito universitario” — dicono gli analisti dell’Osservatorio — Così, chi ha avuto un incarico annuale di lingua spagnola e ha scritto un solo articolo sulle teorie traduttologiche può essere preferito a un candidato che ha scritto decine di pubblicazioni importanti e ha tenuto per incarico corsi di letteratura spagnola».
La situazione non è diversa nel campo delle scienze canoniche come fisica, chimica, biologia: «Il medico che cerca aiuto per studiare i Meccanismi di resistenza agli inibitori degli immunecheckpoints nel mieloma multiplo chiede “esperienza almeno triennale nel campo della ricerca traslazionale applicata ai disordini linfo-proliferativi (in particolare mieloma multiplo e leucemia linfatica cronica) con competenze specifiche nell’ambito dello studio della risposta immune antitumorale documentate da pubblicazioni a primo nome su rivista con impact factor” — dicono ancora i docenti — In questo caso chi ha esperienza solo biennale, ma molte altre pubblicazioni in campi diversi della ricerca antitumorale, è tagliato fuori».
Nello scorso febbraio l’Osservatorio ha inviato una lettera ai rettori di tutti gli atenei italiani e ai direttori degli istituti di ricerca: «Questa è stata tra le nostre prime iniziative — aggiungono i professori — Abbiamo chiesto ai rettori il loro aiuto per debellare questa deriva familistica, sprecona e dannosa per il Paese». Dal rettore dell’Università di Torino, Gianmaria Ajani, non è arrivata alcuna risposta. «Queste modalità di selezione impediscono ai “sicuri vincitori” di competere alla pari con candidati più preparati e creativi e in possesso di un numero maggiore e più vario di titoli scientifici, che potrebbero colmare in un mese o due il deficit di competenze che viene usato come prerequisito per escluderli» aggiunge Trovato, che di lavoro fa il professore ordinario di Storia della lingua italiana all’Università di Ferrara. In totale sono una quarantina i concorsi “profilati”: «Nulla di illegale, sia chiaro — conclude il professore — Questo tipo di bandi però andrebbe superato a favore di procedure che garantiscano maggiore trasparenza e competizione».
“La polemica muove da un presupposto sbagliato, ovvero che l’assegnista sia paragonabile a un ricercatore universitario a tempo determinato o a un docente, anzi il primo gradino di una carriera per arrivarci, figure cui si richiedono competenze disciplinari ampie ed esperienze di ricerca molteplici”, spiega l’ateneo in una nota. L’assegno di ricerca invece “è finalizzato a un progetto preciso per un tempo determinato. Trattandosi di ricerca universitaria si cercano competenze ed esperienze specifiche di elevata specializzazione. Da qui la possibilità di profili molto dettagliati”. Insomma, aggiungono dal rettorato di via Po, “l’accesso pubblico ai bandi e ai concorsi garantisce che chiunque li soddisfi possa partecipare. Solo l’elevata specificità e specializzazione può far si che pochi li soddisfino. I progetti di ricerca, che consentono tali contratti, sono soggetti a stringenti valutazioni dei risultati, sia a livello italiano che europeo, e richiedono quindi il massimo delle competenze disponibili”. L’Università si dice poi dispiaciuta “che si ripropongano pregiudizi e stereotipi che danneggiano da un lato la reputazione di un’istituzione riconosciuta e valutata positivamente per la qualità della ricerca e dall’altro quella di giovani studiosi, impegnati con professionalità e competenza in progetti di ricerca universitaria”.
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