Studiare Lingue – È necessaria una riflessione teorica e metodologica – parola al docente

Corriereuniv.it in occasione del lancio delle guide digitali di orientamento, studiate per gli studenti in tempo di Covid ha intervistato Luigi Marinelli.

Professore ordinario di Lingua e letteratura polacca, Direttore del Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali.). Dottore honoris causa dell’Università Jagellonica di Cracovia. Ha al suo attivo circa 150 pubblicazioni in varie lingue su argomenti di carattere polonistico, comparatistico e teorico-letterario.

Intorno alle lingue c’è molto interesse, ma non sempre si valuta con attenzione la passione autentica verso questo campo del sapere, secondo lei, quali sono le motivazioni principali che dovrebbero sospingere un/una discente allo studio delle lingue?

Se parliamo di motivazioni personali, è da considerare l’interesse verso la conoscenza delle lingue straniere, come testimonianza di una personalità interessata all’altro, alla diversità. Dal punto di vista professionale è bene pensare che viviamo in un mondo globale dove la conoscenza di due lingue potrebbe non essere sufficiente, si va verso il plurilinguismo. Parlo di “due lingue” poiché do per scontato la conoscenza dell’inglese. Lo studio “di massa” dell’inglese, nei dipartimenti universitari, non è un segnale vigoroso per il sapere multiculturale, poiché la competenza linguistica dell’inglese, dovrebbe essere già acquisita al termine degli studi di scuola secondaria di II grado, in quanto “strumento” essenziale per la comunicazione odierna, così come lo fu il latino durante il Medioevo e l’Umanesimo.  All’università si dovrebbero studiare altre lingue. 

Ci può spiegare le differenze delle vostre lauree triennali che rispecchiano l’offerta formativa che è possibile trovare all’interno dei Dipartimenti di studi linguistici, letterari e interculturali?

Abbiamo due corsi linguistici in senso stretto, linguistico – letterario e un altro corso che verte sul turismo. Nello specifico: la triennale in Lingue, culture, letteratura e tradizioni, incentrato sullo studio delle lingue, letterature e culture straniere occidentali, la triennale in Mediazione linguistica (da un punto di vista linguistico, ha maggiori crediti linguistici), ad accesso con numero programmato, alto (all’incirca 250 posti) che comprende non solo materie linguistiche, ma anche storico-culturali, sociali e il Corso in Scienze del Turismo, a carattere interdisciplinare, in cui oltre le lingue, si studiano materie come economia, diritto, gestione delle imprese turistiche. A livello di conoscenza linguistica, se prendiamo come riferimento il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue, alla fine del triennio lo studente e la studentessa dovrebbe uscire con un livello C o C1. Straordinariamente dai questionari che proponiamo, gli studenti sono abbastanza soddisfatti perché abbiamo curato nel tempo l’aspetto dell’insegnamento linguistico in senso stretto, così come una progressiva specializzazione che si compie nei corsi di laurea magistrale. Per esempio, per i corsi di letteratura, accanto ad approcci più tradizionali, insegniamo la traduzione, anche come veicolo della conoscenza linguistica. La densità del testo letterario diventa un autentico grimaldello per arrivare alla conoscenza letterario-linguistica. È necessaria una riflessione teorica e metodologica durante l’apprendimento di una lingua e di una letteratura straniera. 

I corsi di laurea in lingue sono “per tradizione” a maggioranza femminile. Una cultura interiorizzata a livello inconscio che provoca una stereotipizzazione di genere nella scelta della propria carriera formativo-professionale? Come “normalizzare” questa tendenza?

In generale la cultura umanistica è vista come un qualcosa di poco virile. Un retaggio di una distorta visione del mondo; ciò non toglie che dal punto di vista psicologico, le donne sono più curiose dell’alterità, forse proprio per la loro alterità, che pur essendo maggioranza, sono state considerate per secoli “minoranza”. Probabilmente fin da piccoli si dovrebbe operare un’educazione non secondo il genere, ma secondo le pre-disposizioni ed interessi di ogni singolo individuo. Le famiglie, come la scuola, svolgono un ruolo fondamentale nel processo di crescita e di identità. L’educazione non deve essere impositiva, ma seguire lo sviluppo della persona. Io sono ottimista al riguardo. Nella società attuale c’è un ritorno, oserei dire quasi a livello epistemico, alla culturaumanistica. Si è superato il dicario di quando sembrava che l’unica cultura produttiva e che facesse andare avanti le cose fosse quella tecnico-tecnologica. “Tutta questa storia” del Covid ci ha fatto ripensare che forse vale la pena di leggere un libro.

Lei come scelse il suo percorso formativo-professionale?

Sono stato sempre portato per le discipline letterarie, nonostante i miei genitori sognassero per me l’istituto per geometra e una successiva carriera tecnico-scientifica. Mi iscrissi al liceo classico e successivamente a Lingue, contrastando la volontà dei miei. Ma devo dire che non mi hanno mai messo veti e ho potuto indirizzarmi in autonomia verso ciò che desideravo. Tra l’altro, iniziai con l’inglese, poi russo e infine mi laureai in polacco. La prima volta che mi recai in Polonia, trovai un mondo che non mi immaginavo minimamente, scoprii un paese bellissimo, con gente dal gran senso di ospitalità. All’epoca, in pieno regime totalitario, mi colpì la loro generosità disinteressata, spinti sì, dalla curiosità di conoscere lo straniero (l’esotismo è sempre una spinta relazionale), ma sempre disposti a dare. Se avevano un pezzo di pane lo dividevano in quattro pezzi, pur di darlo a te, anche da parte di persone povere nel vero senso della parola. Molte di quelle persone sono tutt’ora dei miei cari amici. Li ho nel cuore. 

Lei è uno dei massimi polonisti contemporanei a livello internazionale e profondo conoscitore del mondo slavo, ci può descrivere in breve il valore delle culture slave, parte integrante storicamente dell’Europa?

L’importanza delle lingue e delle culture slave è pervasiva. Da noi, il russo è la terza o quarta lingua, insieme al tedesco e al francese, dopo l’inglese e spagnolo. L’Europa slava è più della metà dell’Europa. La Polonia, come nazione, ha 40 milioni di abitanti ed è la nazione più giovane. Gode di buona economia e sono riusciti ad evitare la crisi; è un paese giovane, pieno di iniziativa, con una reale prospettiva, che si riverbera nella vitalità formativa e professionale. È proprio quello che oggi dobbiamo dare ai giovani: il senso della prospettiva. Tuttavia è importante che la costruzione della realtà sia biunivoca. 

Che intende esattamente quando parla di relazione biunivoca tra giovani ed adulti?

Bisogna capire che la vita non è solo intrattenimento. Pensiamo solo all’espressione di “studente che non studia” è una contraddizione in termini. Come dire che un professore che non professa, un prete che non prega. L’università è un luogo che può dare tanto, ma bisogna affrontarla con profonda convinzione e impegno. C’è bisogno di una nuova generazione impegnata, se non si capisce questo siamo destinati a scomparire, oltre le crisi. Non parlo di sacrificio, ma di impegno, è importante per migliorare la realtà. Durante i miei anni giovanili passavo le mie giornate sui libri. Da una parte mi sacrificavo, ma dall’altra ho imparato tanto. In polacco si dice coś za coś, vale a dire, do ut des. Se ti impegni molto da giovane, sarai ripagato con gli interessi. Certe persone, anche molto dotate, si buttano via perché non si vogliono impegnare e prevale la pigrizia, lo scetticismo o il disfattismo. 

Quali elementi dovrebbe prendere in considerazione un/una studente prima di scegliere un percorso universitario? 

Dovrebbe prendere seriamente in considerazione sé stesso, guardarsi dentro, non scegliere in base ad idee che gli vengono suggerite, dalle preoccupazioni dei genitori, dalla pubblicità. Deve essere una scelta libera. A 18 anni si può votare, contribuire dunque alla determinazione delle sorti del Paese. Quindi, con il proprio voto, vale a dire la propria scelta, si può determinare il proprio destino. Domandarsi: “Che cosa mi piace fare, per crescere, per stare meglio”. È bene rifletterci molto. Il tempo c’è. L’offerta è molto variegata. Ci sono tante opportunità formativo-professionali. E poi, c’è sempre la possibilità di cambiare.

Un augurio alle matricole?

Stiamo vivendo un anno particolare. Ma possiamo impegnarci a superare il Covid, pensando che si tratta di crisi che servono anche a maturare, a riflettere su cosa sia la vita, la storia, la società. Paradossalmente questa generazione potrà essere più forte ad affrontare le sfide universitarie e successivamente quelle lavorative. Auguro di “approfittare” della crisi per formarsi con più energia, per migliorare sia la realtà sociale che la propria.

Amanda Coccetti 

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