Arrestata la preside della scuola Zen di Palermo: “Si appropriava del cibo della mensa e dei pc destinati agli studenti”

Daniela Lo Verde, dirigente della scuola del difficile quartiere palermitano ed esponente dell’antimafia siciliana, è finita ai domiciliari con l’accusa di peculato e corruzione. Le indagini partite dalla denuncia di un’ex insegnante. Nei guai anche il vicepreside e la dipendente di un negozio di elettronica.

Si sarebbe appropriata di computer destinati agli studenti acquistati con i fondi europei, oltre al cibo destinato alla mensa scolastica: sono queste alcune delle accuse che hanno portato all’arresto di Daniela Lo Verde, una delle più note esponenti dell’antimafia palermitana e preside della scuola “Giovanni Falcone” del quartiere Zen, insignita anche del titolo di cavaliere della Repubblica. La donna è finita ai domiciliari, assieme al vicepreside dell’istituto, con le accuse di peculato e corruzione.

Nell’indagine è coinvolta anche una terza persona, una dipendente di un negozio di elettronica di Palermo che alla preside avrebbe regalato tablet e telefoni cellulari in cambio dell’aggiudicazione della fornitura alla scuola di materiale elettronico come pc e tablet destinato agli studenti e realizzati nell’ambito di progetti finanziati dal Pon o da enti pubblici. Tra questi il finanziamento di 675mila per la scuola dell’infanzia, il progetto denominato “Stem”, il progetto P.o. denominato “Edu Green” di 17.500 euro e il Decreto “Sostegni Bis” per le scuole.

Nell’ufficio della presidenza, dove la dirigente scolastica Daniela Lo Verde, svolgeva la propria attività, i militari hanno documentato la presenza di una cospicua quantità di generi alimentari e di costosi dispositivi informatici. Risorse destinate alla scuola di uno dei quartieri più degradati di Palermo e che sarebbero stati costantemente prelevati dalla preside e dal suo vice per proprie ed esclusive necessità, anche familiari.

Le indagini, coordinate dai procuratori europei Calogero Ferrara e Amelia Luise, hanno acceso poi i riflettori sulle forniture dell’istituto. I carabinieri hanno filmato una dipendente di un negozio hi-tech tirare fuori da una busta, dopo aver ottenuto copia del preventivo della ditta concorrente relativo alla fornitura degli arredi scolastici ed essersi assicurata la nuova fornitura di ulteriori Notebook, una busta con due cellulari per la preside. Andata via la donna, rimasti soli in ufficio la preside e il suo vice avevano aperto il sacchetto con gli iPhone ma il vicepreside si era lamentato con la dirigente per non aver trovato ii modello “13 Pro” da lui evidentemente richiesto.

L’inchiesta è nata dalla denuncia ai carabinieri di una ex insegnante dell’istituto che ha raccontato agli inquirenti di una “gestione dispotica della cosa pubblica da parte della preside” come scrive il gip. L’insegnante ha descritto la dirigente come “avvezza alla violazione delle regole”: da quelle sull’emergenza sanitaria a quelle dei finanziamenti europei. I progetti scolastici, tutti approvati all’unanimità, secondo la donna non venivano attuati in modo diligente e tra le docenti era frequente la prassi di raccogliere ex post, e non durante lo svolgimento delle attività, le firme dei ragazzi coinvolti. Questo perché ai progetti affidati alla scuola Falcone in realtà gli alunni non partecipavano o partecipavano in numero ridotto e dipendendo dal numero degli studenti partecipanti l’ammontare dei fondi ricevuti, si rischiava di perdere il denaro. La docente ha anche rivelato che spesso le fatture per gli acquisiti, ad esempio per la palestra, venivano gonfiate e che solo una parte dei soldi veniva spesa per strumenti didattici, mentre il resto del denaro veniva investito in abbigliamento e scarpe per la dirigenza della scuola.

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