Seggi nelle scuole, protestano genitori e presidi

L’ultimo governo Conte stanziò 2 milioni di euro per trovare altre sedi ma solo 117 Comuni su 1.162 si sono adeguati

Non bastava il covid, ora ci si mettono anche le elezioni amministrative con i seggi nella maggior parte dei plessi scolastici a rallentare il rientro a scuola. “Votare nelle scuole è una tradizione quasi solo italiana, probabilmente è una tradizione comoda, ma certamente non è inevitabile – ha dichiarato al Fatto Quotidiano Adriana Bizzarri, coordinatrice della sezione scuola di Cittadinanzattiva -. La scuola è un servizio pubblico ed è assurdo doverlo sospendere andando a ledere il diritto allo studio di milioni di studenti quando è possibile trovare sedi alternative e ancor di più in questa situazione di pandemia in cui ogni giorno di scuola recuperato rappresenta un tassello importante per i nostri studenti”.

Gli incentivi rilasciati dal precedente governo, con il ministero guidato da Lucia Azzolina, non sono bastati a far cambiare idea ai sindaci. Dei due milioni di euro stanziati, solo 117 Comuni su 1.162 hanno scelto di adeguarsi e trasferire i seggi altrove. Sono circa 8mila i sindaci che non hanno neanche cercato un modo alternativo per non perdere le ore in classe.

 Non è un’operazione facile e porta con sé anche costi, per questo, a maggio scorso, è stato approvato un emendamento al Decreto Sostegni presentato dai deputati M5s Giuseppe Brescia Vittoria Casa, che ha stanziato 2 milioni di euro per i Comuni che si fossero attivati per tempo e avessero provato, attraverso i prefetti, a individuare soluzioni alternative alle aule per svolgere le elezioni. Alla fine solo 510 seggi elettorali troveranno una nuova collocazione lasciando in classe poco più di trenta mila studenti.

“L’Associazione nazionale comuni italiani deve far sua questa proposta; dovrebbe chiedere ai sindaci di fare subito una ricognizione degli spazi che si possono usare. Dobbiamo essere pronti per le politiche del 2023”, continua Bizzarri. Tra i 117 che hanno aderito alla proposta ci sono per la maggior parte enti di piccole dimensioni come Alzano Lombardo, Villa di Tirano o Livigno in Lombardia; Eboli e Praiano in Campania; Zocca e Sogliano al Rubicone in Emilia o Oderzo e Vigonovo in Veneto. Tra i municipi di medie dimensioni vanno citati Novara, Pordenone, Latina, Siena, Spoleto. Nella lista del Viminale spuntano anche Roma, Bologna e Torino ma si tratta solo di alcune municipalità. La Regione con più comuni disposti a darsi da fare su questo fronte è la Calabria con 24 enti.

Angela Neva, coordinatrice nazionale di “Genitori Democratici”, accusa i sindaci di essersi tirati indietro: “A loro non interessa trovare una soluzione. In una retorica generalizzata del “riprendiamo in presenza” sarebbe stato importante dimostrare che la scuola è davvero in cima ai pensieri della politica. Ci voleva tanto? – e continua -. Mi rendo conto che il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è ingabbiato ma non può dire sempre che va tutto bene. Facciamo un gran parlare di patti territoriali ma su questa partita non c’è stato uno scatto da parte degli enti locali”.

Il Viminale ha proposto un lungo elenco di esempi di fabbricati che potrebbero ospitare sezioni elettorali: uffici comunali e sale consiliari; biblioteche e sale di lettura; palestre ed altri impianti sportivi, comprese palestre scolastiche qualora abbiano un ingresso separato e la loro utilizzazione non impedisca l’attività didattica; centri e impianti polifunzionali; circoli ricreativi e sportivi; locali dopolavoristici; spazi espositivi e fieristici; ludoteche; ambulatori ed altre strutture non più ad uso sanitario; spazi non più adibiti a mercati coperti.

Anche i presidi si uniscono alla protesta. “Ho l’impressione che ai sindaci non interessi risolvere questo problema. Tutti – spiega Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi – dicono a parole che la scuola è importante ma nei fatti non lo dimostrano. Lancio un appello ai primi cittadini: mettano la questione dello spostamento dei seggi in lista alle priorità. Abbiamo oltre un anno prima delle politiche, non possiamo arrivare tardi. Noi non daremo alcuna tregua su questa questione”.

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