Se il concorso è su misura

sumisura.jpgPer diventare ricercatore universitario bisogna vincere un concorso: una prova di selezione che evidenzi – attraverso un’attenta valutazione di titoli, prove scritte e colloquio orale – il miglior candidato per il posto messo a bando. Fino a qui niente di strano: come in una gara di corsa, chi taglia per primo il traguardo vince. Ma se ai blocchi di partenza si presenta solo un candidato come la mettiamo?
La notizia è apparsa ieri sulle colonne del “Corriere della Sera” a firma di Gian Antonio Stella, penna di punta di Via Solferino noto anche per i suoi fortunati libri “La Casta” e “La Deriva” contro gli sprechi e i privilegi. Bene: una venticinquenne vince un concorso per un posto da ricercatore. Il dato farebbe già notizia di per sé, visto che l’età media dei ricercatori italiani è 47 anni e che i docenti ordinari under 35 sono appena 11 su 19.864.
Ma c’è dell’altro: la candidata ha corso da sola, perché gli altri due iscritti – inopinatamente – si sono ritirati. In pratica ha vinto senza competere: la sua più che un’affannosa maratona è stata una rilassante passeggiata. E non è finita qui: chi è Francesca Romana Lenzi, la venticinquenne in questione? La figlia del professor Andrea Lenzi che – oltre ad essere un endocrinologo in forze all’Università “Sapienza” di Roma – è anche il presidente del Cun (Consiglio Universitario Nazionale), l’organo che afferma “la necessità di un sistema di valutazione rigoroso e trasparente degli atenei e dei docenti”.
I fatti. L’Università Europea di Roma – un piccolo ateneo privato della Capitale fondato dai Legionari di Cristo – il 21 dicembre 2007 bandisce un posto specialistico da ricercatore in “Storia dell’Europa Orientale”. Si iscrivono in tre, due si ritirano: resta in corsa soltanto la dottoressa Lenzi, che ha conseguito la laurea specialistica in Relazioni Internazionali il 20 febbraio, appena dieci mesi prima. La sua preparazione – che nessuno mette in dubbio – non viene comparata con quella di altri potenziali candidati: lei corre da sola.
E il dottorato? Il titolo di ricercatore, a rigor di logica, rappresenta la naturale prosecuzione di quello di dottore di ricerca: un neolaureato decide di intraprendere la carriera universitaria approfondendo una determinata tematica per un lasso di tempo abbastanza ampio (tre anni) frequentando un dottorato in cui può mettere a frutto lavori significativi che andranno a consolidare il suo curriculum e gli permetteranno di concorrere per un posto da ricercatore. Ma aver conseguito il dottorato di ricerca, per il concorso a cui ha partecipato la figlia del presidente del Cun, non era necessario.
Il presidente-tutor. A presiedere la Commissione del concorso c’era il professor Antonello Biagini, docente con cui la Lenzi ha collaborato – per progetti di ricerca presso il Dipartimento di Studi sull’Est Europa da lui diretto – nonché coordinatore del dottorato di ricerca che attualmente sta frequentando presso l’Università “Sapienza”. Insomma: una faccia conosciuta.
Telefonate senza risposta. Il telefono squilla a vuoto: per tutto il pomeriggio di ieri la dottoressa Francesca Romana Lenzi non è stata reperibile. Peccato: avremmo voluto chiederle qual era il suo punto di vista sull’argomento e se vincere un concorso senza competere con altri candidati non le fosse sembrato quantomeno bizzarro. Ma non è stato possibile. Chissà cosa ne pensano, invece, tutti quei ricercatori che hanno vinto il concorso a quarant’anni e quei tantissimi altri dottori di ricerca che, nonostante immani sacrifici e reali competenze maturate sul campo, ancora non ce l’hanno fatta.
Oggi il quotidiano “La Stampa” ha ripreso l’argomento intervistando il professor Andrea Lenzi e chiedendogli conto dell’accaduto. Le sue parole hanno semplicemente confermato uno stato di cose: “Solo chi non conosce il sistema universitario può stupirsi: la gran parte dei concorsi si svolge con un unico candidato”. Incredibile che a dirlo sia proprio lui.
Meritocrazia, quella vera. Alla base di tutto dovrebbe esserci una sana competizione, da riassumere in un breve articolo da apporre in testa a ogni bando pubblicato: “Non può tenersi un concorso in cui il numero dei candidati sia uguale o inferiore a quello dei posti messi a bando”. Semplice, conciso e compendioso.

Manuel Massimo

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  1. Se Lenzi fosse una persona perbene dovrebbe subito dimettersi da presidente del cun. Forse nel concorso aggiudicato dalla figlia come unica concorrente e per giunta giudicata dal suo stesso professore del dottorato, nonchè amico del padre, non c’è nulla di illecito,forse. Ma è certo che tali comportamenti non sono per nulla etici, corretti, deontologici e offendono le aspirazioni di quanti si fanno davvero il mazzo per affermarsi nella vita. chissà cosa ne pensano la signorina Lenzi e soprattutto il ministro Gelmini

  2. …è uno scandalo! L’Università in Italia non è basata sul merito ma sulla cooptazione: ormai fatti come questo sono considerati “normali” e molti non si stupiscono neanche perché “tanto funziona così dappertutto”. Io, oltre che allibita, sono anche indignata!

  3. La solita ipocrisia di chi predica bene e razzola male. L’esimio professore Lenzi dovrebbe essere il primo a sapere che un concorso senza concorrenti non si può proprio definire tale. Auguriamoci almeno che la Dottoressa Lenzi riesca, con le sue riconosciute capacità e le future ricerche, a fare luce sulla delicata materia della Storia Orientale.

  4. La dottoressa Lenzi è solo un capro espiatorio… Ma non c’è da preoccuparsi tra un po’ tutti si dimenticheranno “del Fatto”. W l’oblio della memoria!!!!

  5. Un ulteriore esempio di quanto la meritocrazia in Italia sia sempre più un miraggio. Ma la cosa più sconcertante non è il comportamento del Prof Lenzi, quanto la sua affermazione “Ho ricevuto subito tante telefonate di solidarietà”. A dimostrazione del fatto che tutto ciò fa parte della nostra italianità..ci si scandalizza, ma in fondo non troppo! E domani si sarà dimenticato tutto ciò. Conosco la dott.ssa Lenzi, avendo fatto lo stesso percorso di studi. E’ stata una brava studentessa, niente di così straordinario da giustificare una carriera universitaria tanto rapida (altrimenti ricopriremo quel posto tutti suoi noi ex-colleghi). Ma purtroppo molti di noi sono “figli di nessuno”. Detto ciò speriamo solo che la Dottoressa Lenzi faccia bene il suo lavoro.

  6. Bravi tutti, i nostri opinionisti, a dire ovvietà contro. Ha ragione il Prof. Lenzi a dire che chi non conosce l’università è meglio che non parli a sproposito. E infatti, in questo caso, la colpa non è né del Prof. Lenzi, né della figlia, né della commissione o del suo Presidente. Tutti legittimati nelle loro azioni dallo stato e dagli ordinamenti vigenti. Se mai ci fossero dei colpevole (non vittime, ripeto, colpevoli) sarebbero quei candidati che si sono ritirati. I codardi. Tutti bravi a parlare male degli altri, ma poi totalmente indisponibili a fare qualsiasi cosa che possa scalfire il sistema.
    Non mi si venga a dire che gli altri candidati sono stati costretti a ritirarsi: banalità. Non erano interessati, magari perché gli è stato offerto qualcosa di più vantaggioso, oppure non erano preparati. Chi d’altronde sarebbe interessato ad andare a lavorare in una piccola università privata per il misero stipendio che ha da offrire. Ma tutti, invece siamo bravissimi a parlare male degli altri. E’ evidente che gli altri candidati non erano interessati altrimenti, fatto il concorso, se ingiustamente esclusi (ripeto, non sappiamo) avrebbero potuto facilmente impugnare un ricorso. Difficile perderlo contro una candidata di soli 25 anni, no? Appunto, non interessati, …oppure molto impreparati a vincere questo concorso. Sono loro che i nostri “giornalisti d’assalto” dovrebbero contattare prima di andare a cercare una 25enne che ha legittimamente vinto un concorso. Perché si sono ritirati? Questa si, sarebbe stata una bella indagine giornalistica, magari sarebbero usciti fuori dei risvolti interessanti.
    E invece no, il solito qualunquismo, nei confronti di un’istituzione a cui è stata tolta l’unica vera risorsa che aveva: l’autorevolezza (i soldi non li aveva già da tempo). Gian Antonio Stella, se non completamente accecato dal solo sensazionalismo, o meglio dal suo immediato rientro economico (copie vendute?), in una pausa da quella bramosia di vendere ancora un’altra briciola di qualunquismo (in una bella copertina rigida) potrebbe dedicarsi a scrivere un libro sugli italiani, su quel popolo che ama farsi dominare dalle caste e che non rischierebbe nulla pur di non cambiare le cose come stanno. Quel popolo che non lotta più per mantenere quel poco che gli resta (l’università), pur di non perdere una puntata del grande fratello. Lo abbiamo visto nelle recenti proteste: quasi nessuno sapeva di cosa si stesse parlando. Possibile che non vi siate accorti che è in opera un tentativo di delegittimare completamente l’università in questo paese. Perché è l’unico ente che mantiene un minimo di indipendenza, e i nostri giornalisti lo sanno bene, e per questo tramano, consapevolmente o inconsapevolmente, magari storditi da tornaconti personali, di aiutare i poteri che stanno cercando di demolirla.
    E allora, se qualcuno che si dedica con impegno all’istituzione universitaria, come fa il Prof. Lenzi da qualche anno, sta finalmente cercando di aiutare il processo di rinnovamento garantendone l’integrità, lasciamolo fare, tanto nella peggiore delle ipotesi non cambierà molto. I Gian Antonio Stella e gli altri qualunquisti del nostro paese glielo impediranno sicuramente.

  7. La dottoressa Lenzi corre da sola in una scuderia eccellente. Tuttavia suo padre ha “sistemato” molti. Alcuni meritevoli, altri un po’ meno. Purtroppo molti “figli di nessuno” sono rimasti a scalciare ai cordoli senza mai partire. Sembra di essere al palio di Siena da una vita…

  8. Belle parole quelle di Stefano, ampio respiro e difesa sentita delle istituzioni universitarie. ma in quale mondo vive? I docenti universitari in larga parte sono figli di docenti, da sempre, sono sorretti da correnti politiche, da organizzazioni varie e mai o per fartuna, quasi mai, sono figli di nessuno. Anche le persone più preparate sono in balia di questa riprovevole situazione e non riescono mai a spuntarla contro nepotismi e protezioni. Non mi indigno e non mi disgusto; l’ovvio è e rimane ovvio. Mi chiedo solo: casi ben più gravi che implicano il raggiungimento di gradini accademici apicali in spegio a qualsiasi regolamento e legge ( come avvenuto a Bari) perchè non hanno ottenuto lo stesso risalto? A parte l’apparente attuale piccolezza dell’attuale incarico della dottoressa Lenzi , quale trampolino rappresenterà per lei questo concorso, dove la troveremo all’età di 30 aa? In merito a quelli che si sono ritirati, Stefano ha mai partecipato ad un concorso in cui uno deve vincere e gli altri no? Sembra di no!! Che faccia anche lui parte della casta’

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