«Con 12mila euro posso acquistare una trentina di notebook, ma nella mia scuola ne mancano 300»: sono arrivati i fondi del ministero dell’Istruzione per attrezzare le famiglie genovesi alla scuola alla distanza, circa 2 milioni di euro, e il dirigente dell’alberghiero Bergese, Angelo Capizzi, fa i conti. Non riuscirà a soddisfare le richieste di tutti gli studenti che non riescono a seguire le videolezioni da casa, perché non sono attrezzati. E pensa agli studenti che questa emergenza rischia di lasciare indietro. In altre scuole, come l’istituto Vittorio Emanuele, il preside Giovanni Vallebona valuta le offerte di notebook, per comprarne il più possibile, e nel suo caso è probabile che le esigenze saranno quasi tutte soddisfatte.
«A Certosa, dovendo fare una scelta perché abbiamo avuto 30 computer per 300 richieste, abbiamo deciso di darlo ai ragazzi della terza media perché sono quelli che non hanno il tempo di recuperare – dice Renzo Ballantini, preside di Certosa –. Per i bambini delle elementari, comunichiamo anche solo con i cellulari, le chat di WhatsApp, e raggiungiamo il 90% senza uso massiccio di tablet. Sono gli insegnanti a dirmi che arrivano quasi a tutti. Certo, un tablet in più avrebbe migliorato tante situazioni».
L’emergenza locale
Il problema non tocca soltanto le scuole liguri dove, ogni giorno di più, matura la consapevolezza che forse quest’anno si chiuderà così, senza ritornare nelle classi, mentre gli interrogativi su come effettuare gli scrutini online e gli esami di maturità sono ancora tutti senza risposta. «Stiamo ultimando i conteggi, sulla base di una ripartizione che vuole il 3% per la Liguria, immagino che avremo circa 2 milioni di euro che, nei prossimi giorni, arriveranno nelle casse delle scuole», dice il dirigente Formazione dell’Ufficio scolastico regionale, Alessandro Clavarino. «Ora bisogna fare gli ordini».
La giungla della didattica online
Tra i prof più avanzati, c’è chi critica la funzionalità della tanto decantata Suite di Google per la didattica a distanza, perché l’interattività non è delle migliori. E chi se la prende con la burocrazia che sta cercando di dare uniformità di metodo alle lezioni online: «È andato tutto bene finché ci organizzavamo da soli, ora dobbiamo inseguire la burocrazia», osserva dalla sua bacheca Facebook una professoressa espertissima di digitale. In generale, la situazione delle lezioni è ormai una vera e propria giungla. In certe scuole le cose vanno lentamente, assestandosi anche perché le famiglie si stanno sforzando di stare al passo e trovare un ritmo tra faccende domestiche, lavoro e lezioni dei figli. In altre si fatica a partire, specie dove l’interesse primario delle insegnanti è non lasciare indietro nessuno e non rischiare di perdere gli studenti più fragili. Si tratta di quelli che non sono seguiti dai genitori o non hanno i supporti necessari a partecipare alle classi digitali. Sul tavolo dei dirigenti e dell’Ufficio scolastico non c’è soltanto l’emergenza Covid-19; in generale ci sono tutte le scadenze ordinarie, che vanno dai pensionamenti agli organici del prossimo anno. E il numero dei ragazzi che andranno a scuola l’anno prossimo senza forse essere tornati in classe quest’anno è, nel frattempo, più o meno consolidato.
Le altre questioni aperte
L’onda lunga del calo demografico è arrivata sia negli asili e sia, seppur in percentuale minore, alle elementari dove la scuola, a settembre, comincerà con 1000 studenti in meno in Liguria, la metà su Genova. «In genere, a questo punto dell’anno, il ministero ha già definito l’organico degli insegnanti – osserva Andrea Giacobbe, segretario generale della Federazione dei lavoratori della conoscenza Cgil Liguria – . Invece non è così: con i concorsi fermi e la mobilità già avviata, è scontato il ricorso ai supplenti. Per quanto riguarda le classi, in relazione al calo demografico, ora la scuola ha due opzioni: ridurre il numero di istituti o ritornare alla distribuzione degli insegnanti pre-riforma Gelmini, cioè a 12 anni fa. Oggi, gli organici vengono calcolati dividendo il numero di studenti per 27, un docente ogni 27 studenti. Bisogna dividere per 23 o 24».
Il sistema sotto pressione
Continua, Giacobbe: «Nell’emergenza, il sistema della scuola pubblica ha sostanzialmente retto, nonostante molte criticità. Questa può essere l’occasione per ricominciare a investire in un modello d’istruzione che si è rivelato all’altezza».