Dopo le dimissioni dell’ormai ex rettore dell’Università Roma Tre, Luca Pietromarchi, scoppia il caso “parentopoli” denunciato dal quotidiano Repubblica. L’ateneo romano verrebbe “de facto” gestito dal direttore generale Pasquale Basilicata, dg dal 2012, che, sempre secondo la redazione di Via Colombo, sarebbe entrato in conflitto con Pietromarchi che nella sua lettera alla ministra Messa ha denunciato un clima di “divisioni all’interno dell’Ateneo”. Corriereuniv.it ha contattato il Ministero per capire se ci sarebbero state delle iniziative dopo la lettera di Pietromarchi, la risposta è stata che “ad oggi non ci sono interventi in merito”.
Il figlio del “magnifico” Dg Basilicata
Coinvolto nella “parentopoli” ci sarebbero figli e parenti di vari dirigenti apicali appartanenti al “sistema Basilicata”, come lo chiama Repubblica. Un nome tra tutti: Luca Basilicata. Figlio del direttore generale è entrato all’università nei primi mesi del 2020. Dalla classe C, ovvero quella di “impiegato di concetto”, per il quale serve solo il diploma, il giovane Basilicata ha fatto passi da gigante: una carriera lampo, tanto che, alla fine dello scorso anno, ha partecipato a un concorso per il grado di Ep, ovvero “elevata professionalità”, il grado secondo solo alle figure dirigenziali, saltando il normale iter che prevede il passaggio nel ruolo di funzionario semplice.
Nessuna delle delibere del concorso, i cui esiti sono stati resi pubbici il 27 gennaio, però, porta la firma di Basilicata senior. Eppure è difficile crede, se non quantomeno ingenuo, che nessuno all’interno dell’Università non conoscesse la legge Gelmini, che è molto chiara in materia di assunzioni di “figli di”: non possono partecipare a concorsi pubblici, in un ateneo, coloro che abbiano una “parentela o affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione”. La stessa legge Gelmini che ha di fatto sdoganato la gestione aziendalistica dell’università e che, secondo Repubblica, ha permesso a Basilicata di amministrare indisturbato centinaia di milioni di euro all’anno, elargendo favori alla sua “fazione”, acquistando terreni e immobili.
La “parentopoli”: dal membro del cda al vice di Basilicata
Basilicata jr è arrivato secondo sotto a Domenico Barbaro – fedelissimo del dg, componente del Cda – ma è comunque risultato “idoneo non vincitore”. E tanto è bastato a garantirgli la promozione e l’assunzione al suo nuovo ruolo, di spicco, con uno stipendio tra i 40 e i 50mila euro annui, nell’ufficio gestione delle attività sportive. A lui sarebbe probabilmente toccata l’amministrazione del nuovo centro sportivo di Ateneo, ossia i campi di padel da realizzare nell’edificio abbandonato soprannominato il “bidet”, davanti piazza dei Navigatori, spuntato nell’ultima previsione di bilancio e destinato ad essere acquistato per 7 milioni di euro da Roma Tre.
Luca Basilicata non è l’unico: c’è Chiara Colapietro, figlia del consigliere di amministrazione e professore Carlo Colapietro, anche lui esponente di spicco del “team Basilicata”. Non solo, c’è anche un terzo Colapietro all’ateneo, Giuseppe, zio di Chiara e dirigente. Poi c’è il vicedirettore generale Luciano Sacchi, con la figlia Federica neoassunta in un ruolo amministrativo, la professoressa Vittoria Cajola, ex prorettrice vicaria, anche lei con un figlio assunto da poco, e il professor Paoloni, di studi aziendali (tra i dipartimenti “fedeli” al Dg), che ha piazzato il figlio Niccolò come ricercatore a giurisprudenza e Jacopo tra il personale amministrativo di ingegneria. E si tratta solo dei nomi più in vista in quella che, giorno dopo giorno, si rivela essere la rete di potere a capo dell’ateneo da 27 anni a questa parte.
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