Proteste per Gaza, Vertice Bernini-Piantedosi: “Istituzioni devono garantire libertà nella sicurezza”

llerta del Viminale per il 15 maggio, anniversario della Nakba


“Facciamo come alla Columbia”. Il paragone si è tradotto in una resistenza passiva all’interno dei campus universitari per Gaza. Prima in Europa, con diverse fortune, poi anche in Italia. E se la prima è stata Bologna, ormai una settimana fa, oggi le tende sono spuntate davanti e dentro le università di Pisa, di Siena, di Trento, di Venezia, di Torino. Un’azione coordinata che segue “una linea nazionale di mobilitazione”, spiegano gli attivisti. Con un unico slogan e molte parole d’ordine mutuate dalle proteste americane: “Intifada studentesca”.

E proprio su questa si è concentrato il comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica al Viminale chiesto ormai un mese fa dalla ministra dell’Università Anna Maria Bernini e convocato dal collega dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha agitato uno spettro ricorrente: gli infiltrati. “Particolare attenzione è rivolta a impedire che soggetti estranei al mondo universitario possano infiltrarsi nelle manifestazioni al solo scopo di strumentalizzare il dissenso, alimentando forme di violenza che, per loro natura, sono incompatibili con la libera manifestazione del pensiero”, ha detto il responsabile del Viminale.

Il ministero: “Incontro costruttivo”

Fonti del ministero dell’Università fanno sapere che l’incontro è stato “utile e costruttivo, svolto in un clima sereno”, e che Bernini ha evidenziato come “ogni manifestazione sia legittima purché non sfoci in violenza o prevaricazione ed è dovere delle istituzioni garantire libertà nella sicurezza”. Al vertice è stata invitata anche la Crui, la conferenza dei rettori italiani. Assente la numero uno Giovanna Iannantuoni “per altri impegni”, ha partecipato uno dei vice, il rettore della Lumsa di Roma Francesco Bonini che ha spiegato: “Abbiamo fatto una panoramica, un giro d’orizzonte sulla situazione negli atenei italiani, dove la situazione è in evoluzione; domani, per esempio, ci sarà il Senato accademico alla Sapienza”.

Il rischio è che si riproduca un film già visto: la riunione dei vertici dell’ateneo blindata all’interno del rettorato da polizia e Digos e il tentativo di irruzione dei ragazzi. L’idea dei ministri è che, vista anche l’autonomia di cui gli atenei godono, i rettori si responsabilizzino sempre più, anche e soprattutto davanti alle proteste che invece che scemare montano. Come le tende. Tanto più che all’orizzonte c’è una giornata cruciale, calda, ricca di contestazioni e dunque sotto alta sorveglianza per quanto riguarda l’ordine pubblico.

Domani il giorno della Nakba

L’agitazione nazionale sarebbe dovuta infatti iniziare il 15 maggio, giorno del ricordo della Nakba, l’esodo di 700mila palestinesi nel 1948 prima e durante la guerra arabo-israeliana e dopo la proclamazione dello Stato di Israele. La scelta del premier israeliano Netanyahu di avanzare su Rafah ha indotto invece gli studenti e i movimenti palestinesi a muoversi in anticipo. E così, se per il 15 restano mobilitazioni convocate in tutta Italia. Con due obiettivi comuni, al di là delle particolarità locali: “Lo stop a ogni collaborazione con le università israeliane”, a cui i rettori hanno già risposto in maggioranza picche, e “l’interruzione degli accordi con le aziende che fanno parte della filiera bellica” e costruiscono o inviano armi in Medio Oriente.

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