E’ quasi incredibile ciò che accade al liceo Albertelli di Roma, dove il Consiglio di Istituto boccia due progetti “Scuola 4.0” del Pnrr rinunciando di fatto ad un finanziamento di circa 300mila euro.
Il 4 maggio scorso il dirigente scolastico presenta al Consiglio d’Istituto due progetti (“datati 24 e 25/02/2023 ma portati a conoscenza dei consiglieri di istituto solo il 28/04/202+3 – dicono due genitori – senza essere stati sottoposti né al collegio dei docenti e neppure alla competente commissione nominata dallo stesso collegio”). I progetti sono stati respinti con 7 voti contrari (4 docenti, 1 studente, 2 genitori), 2 favorevoli (dirigente scolastico e 1 genitore) e 4 astenuti (3 studenti, 1 personale ATA).
Le motivazioni
I due genitori che hanno bocciato la proposta spiegano così la loro decisione: “I finanziamenti europei del PNRR non hanno l’obiettivo di prendersi carico delle necessità impellenti della scuola italiana e risolverne i problemi storici: l’abbandono elevato, le carenze edilizie, l’assenza di manutenzione e sicurezza, le classi sovraffollate, la precarietà permanente di docenti e personale ATA, la mancanza di spazi idonei per la didattica ordinaria, ecc. restano inevasi, anzi si aggravano poiché le risorse vengono destinate unicamente alla nuova tumultuosa emergenza innovazionista”.
Ma i genitori entrano anche nel merito e osservano che i due progetti – centrati sulla acquisizione di conoscenze e competenze di natura “digitale” non hanno nulla a che vedere “con gli obiettivi di un liceo, cioè insegnare a tradurre dal greco, a comprendere la storia e la fisica, avere una capacità critica e un metodo di studio”. I genitori sottolineano che il liceo Albertelli è già dotato di 41 smart TV, 7 proiettori, 49 PC Notebook, 41 PC Desktop e risulta quindi “irrazionale ed antieconomico sobbarcarsi collettivamente un debito di circa 150.000 euro per ulteriori attrezzature multimediali che hanno una vita media brevissima e che quindi acuiscono, anziché arginarla, la percezione di vivere in un mondo effimero”
Una questione di metodo
“L’apprendimento – aggiungono – è un fatto collettivo; se viene meno la classe, viene meno il lavoro per ‘andare avanti insieme’ grazie alle, diversità. Crediamo che il miglioramento della didattica passi per ben altre vie e che l’attenzione spasmodica alla digitalizzazione significhi da un lato la riduzione tout court dell’importanza delle discipline umanistiche, della storia e della formazione del pensiero, dall’altra impoverimento e banalizzazione dello studio delle scienze, che rischia di ridursi ad un insieme precetti”.
Senza farsi mancare una critica anche di natura politica: “La proposta che abbiamo respinto serve a formare acritici operai del digitale, togliendo tempo e risorse dalle conoscenze fondamentali, e disinvestendo sulla necessità di dare la preparazione necessaria per affrontare gli studi che consentano di comprendere e costruire le tecnologie del futuro e la complessità del mondo”. E senza trascurare di parlare delle possibili conseguenze dell’uso improprio o eccessivo delle nuove tecnologie: si va dai gravi danni fisici (“miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo-scheletrici, diabete”) e psicologici (“dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia”) fino alla “progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza (capacità di concentrazione, memoria, spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica…).
I due genitori firmatari del comunicato fanno anche sapere che il 18 maggio ci sarà una assemblea aperta all’intera comunità scolastica. Nella polemica intervengono anche gli eredi di Pilo Albertelli, il filosofo e partigiano ucciso dai nazisti il 24 marzo 1944, a cui è intitolata la scuola che invitano l’intera comunità scolastica a utilizzare bene i fondi disponibili per migliorare l’offerta formativa a favore degli studenti.
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