Pisa non farà ricerca sulle armi, il rettore: “La vita viene prima dell’opportunità economica”

riccardo zucchi rettore pisa

“Il valore della vita umana viene prima di qualsiasi opportunità economica.” Con queste parole, il rettore dell’Università di Pisa, Riccardo Zucchi in una intervista al Quotidiano Nazionale difende la recente modifica allo statuto dell’ateneo, che vieta la ricerca finalizzata allo sviluppo di armi. Una scelta che ha suscitato non poche polemiche, ma che, secondo il rettore, rappresenta un passo necessario per ribadire l’impegno dell’università nei confronti della pace.

Il dibattito su questo tema era iniziato già lo scorso anno, anche alla luce dei conflitti in Ucraina e a Gaza. Questi eventi hanno spinto l’ateneo a riflettere sul proprio ruolo e sulle responsabilità etiche della ricerca. Pur evitando già in passato collaborazioni legate allo sviluppo di armamenti, l’università ha scelto di formalizzare questa prassi nel proprio statuto, rendendola un principio inderogabile.

La comunità universitaria ha accolto positivamente la decisione, approvata all’unanimità dagli organi accademici. Tuttavia, non sono mancate discussioni, in particolare sulle tecnologie dual use, che possono avere sia applicazioni civili che militari, e sulle possibili ricadute economiche. Al momento, queste tecnologie non sono escluse a priori, ma l’università si riserva di valutare attentamente ogni progetto che sollevi dubbi.

Sui social le critiche non sono mancate, anche con toni molto accesi. Il rettore, però, non si dice preoccupato dalle opinioni contrastanti, ritenendo che il confronto sia parte integrante del ruolo di un’università. Ciò che conta, sottolinea, è che il dibattito avvenga in modo civile e costruttivo. Alcuni temono che questa scelta possa portare a una riduzione dei finanziamenti, ma Zucchi ribadisce che già in passato l’ateneo evitava collaborazioni legate alla produzione di armi e che, anche nel caso in cui dovesse rinunciare a qualche opportunità economica, il valore della vita umana rimane prioritario.

Con l’introduzione di questa nuova norma, l’università non ha annullato alcun contratto, ma si limiterà a essere più selettiva. Non sono previste eccezioni, perché il principio della pace è considerato un valore assoluto. Il rettore mette in guardia dai rischi che si nascondono dietro concetti come “sicurezza” o “legittima difesa”, spesso utilizzati per giustificare sviluppi tecnologici che finiscono per alimentare i conflitti. Per garantire il rispetto della nuova politica, i singoli dipartimenti manterranno la loro autonomia, ma in caso di dubbi interverranno gli organi accademici centrali per analizzare i progetti e valutare anche la natura delle aziende finanziatrici.

Un ruolo importante in questo percorso è stato giocato dagli studenti, il cui attivismo ha contribuito ad alimentare il dibattito, come è giusto che accada in un’università. Per quanto riguarda il rischio di limitare la ricerca, il rettore respinge questa preoccupazione, sostenendo che la libertà accademica ha sempre limiti etici e giuridici e che il rispetto della vita e della dignità umana deve venire prima di tutto.

Non sembra esserci neanche il timore di un possibile esodo di ricercatori. Se si aprissero nuove posizioni, l’università non avrebbe difficoltà a trovare candidati. Il vero problema, secondo Zucchi, non è il nuovo statuto, ma la carenza cronica di fondi che colpisce l’intero sistema universitario italiano. Nel 2024 i finanziamenti sono pesantemente ridotti, nonostante le dichiarazioni del governo. “I bilanci parlano chiaro”, conclude il rettore, auspicando che le promesse di un aumento degli investimenti vengano mantenute.

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