Perché scegliere giurisprudenza? L’intervista al vicepresidentre del Csm David Ermini

“Il diritto e la giustizia corrono necessariamente lungo binari paralleli, il diritto non può mai essere spogliato del riferimento contenutistico alla ragione e alla giustizia, se non a pena di ridurre la legge a una vuota e formalistica etichetta”.

Scegliere di frequentare Giurisprudenza non è più quel lavoro “sicuro” del ventennio scorso. Oggi intraprendere l’avvocatura è un percorso complicato e, spesso, significa fare una lunga gavetta. E per chi vuole intraprendere la carriera di magistrato è ancora più complesso. Eppure la professione rimane un tassello fondamentale della nostra società, senza il diritto ciò che rimane è il caos. Allora perché uno studente dovrebbe scegliere Giurisprudenza? Lo abbiamo chiesto al vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, David Ermini.

Vicepresidente, spesso un laureando in Giurisprudenza ha timore nel confrontarsi con l’esame per entrare in magistratura. Qual è il percorso più adatto per aspirare a questo tipo di carriera?

Proprio in questi giorni è in corso l’iter riformatore del concorso per l’accesso alla magistratura. L’eccessivo progressivo innalzamento dell’età dei vincitori del concorso al quale si è assistito in questi anni e la necessità di eliminare ogni pericolo di discriminazione su base economica, inevitabilmente connessa a percorsi eccessivamente lunghi e complessi, hanno indotto a varare un condivisibile progetto di riforma per ritornare al concorso aperto ai semplici laureati in giurisprudenza, senza requisiti supplementari. Il consiglio che mi sento dunque di dare ai giovani aspiranti magistrati è quello di avere la più alta determinazione, intensità e passione, di studiare molto ponendo grande attenzione ai profili sistematici e alle loro implicazioni: l’ordinamento è un ingranaggio complesso che va compreso nella sua unitarietà perché soltanto così il giudice, primo interprete, potrà essere in grado di fornire una risposta alle nuove istanze sociali, magari anticipandole, ponendosi in continuo, costante e umile ascolto della voce della comunità.

Perché secondo lei un/una giovane dovrebbe interessarsi allo studio del diritto?

Credo perché il diritto e la giustizia corrono necessariamente lungo binari paralleli, il diritto non può mai essere spogliato del riferimento contenutistico alla ragione e alla giustizia, se non a pena di ridurre la legge a una vuota e formalistica etichetta. In questo un ruolo miliare è assunto dalla giurisdizione: è solo in forza del bilanciamento dei valori in relazione al caso specifico, operato dal giudice nel quadro costituzionale e in chiave di ragionevolezza, che nel diritto entra un criterio di giustizia. Il fascino dello studio della scienza giuridica sta, a mio parere, nella sua dimensione fortemente pratica e, al tempo stesso, valoriale. E’ una scienza di ingegneria sociale finalizzata alla massima realizzazione dei principi costituzionali, che costituiscono la più alta declinazione moderna del concetto di giustizia.

Ci può spiegare brevemente quali sono le differenti carriere che uno studente di giurisprudenza può intraprendere dopo aver superato l’esame?

Dopo aver superato l’esame, si andranno a svolgere funzioni requirenti, i pubblici ministeri, o giudicanti. Queste ultime potranno essere svolte nel settore civile o penale, ovvero in materia minorile o negli uffici di sorveglianza. Direi che non è corretto parlare di differenti percorsi di carriera in ragione dell’unitarietà della magistratura voluta dai Costituenti quanto, piuttosto, di differenti vocazioni che si declinano all’interno di un unico percorso professionale. Il riferimento alla carriera dei magistrati può ammettersi, in chiave semplificatoria, avendo però l’accortezza di precisare che la magistratura non conosce e non può conoscere al proprio interno, per volontà degli stessi Costituenti, veri e propri passaggi gerarchici, distinguendosi i magistrati soltanto per diversità di funzioni e dovendo rispondere soltanto alla legge.

Facciamo finta che lei possa sostituirsi al legislatore, quali sono le riforme più urgenti che dovrebbero interessare il sistema giudiziario italiano?

Credo che la riforma più urgente cui è necessario porre mano sia quella dell’ordinamento penitenziario, con la finalità di perseguire la più alta funzione rieducativa della pena e investire il più possibile nelle misure alternative alla detenzione. Non solo nell’interesse dei condannati ma, soprattutto, dell’intera collettività, dal momento che da anni riscontriamo sistematicamente che la sanzione della reclusione produce gravi conseguenze recidivanti, facendo sì che coloro che hanno fatto ingresso nelle carceri siano molto più esposti, una volta usciti, al rischio di commettere nuovi reati e farvi ritorno.

Un suo consiglio per le future matricole?

Il mio consiglio non può essere che quello di non smettere di credere nel loro sogno, di metterci la più grande intensità e passione possibile, nella consapevolezza che si sono scelti un percorso che richiede grande fatica e impegno. Impegno di studio e impegno morale, che occorre preservare e alimentare per tutto il corso del loro percorso professionale.

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