Perché utilizzare il termine di un’altra lingua quando esiste il corrispondente nella propria? Un sondaggio promosso dal sito Internet della Società Dante Alighieri ha chiesto quale fosse la parola straniera più inopportuna nell’uso quotidiano della lingua italiana, scritta o parlata. In vetta a questa speciale ed insolita classifica – dopo circa quattro mesi di permanenza online – si è attestato il termine weekend: evidentemente non si riesce proprio ad accettare la sostituzione di un’espressione così lineare come fine settimana con un sinonimo in lingua inglese di certo elegante ma senza dubbio superfluo e, appunto, inopportuno.
In seconda posizione l’abusatissimo OK, considerato “leggero” e poco professionale. Dal terzo posto in poi iniziano i vocaboli più “impegnativi”: si comincia con Welfare (8%) e si prosegue con Briefing (5%), Mission (4%), Location, Bookshop e Devolution (3%). Viaggiando verso le posizioni più basse si incontrano con il 2% addirittura Computer, Know how, Privacy e Shopping. Non sono mancate, come prevedibile, le segnalazioni per Question time, Meeting, Premier, Election day, Authority, Leadership e Bipartisan.
Insomma: è chiaro che gli italiani chiedono più rispetto e più tutela per la propria lingua, soprattutto quando debba essere rimpiazzata da vocaboli stranieri solo per presunta eleganza e non per concreta efficienza, in ambito istituzionale, politico e commerciale ma anche nelle conversazioni e nei discorsi di tutti i giorni.
Manuel Massimo
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