"Meno atenei e tetto per gli ordinari"

atenei.jpgIl provvedimento di Riforma dell’Università ancora non è stato presentato nella sua stesura definitiva. Il nodo dovrebbe sciogliersi già alla fine di questa settimana, venerdì 8 maggio, dal momento che il ministro di Istruzione, Università e Ricerca Mariastella Gelmini ha intenzione di imprimere un’accelerata dopo la pausa forzata, a causa dell’emergenza legata al terremoto in Abruzzo. Intanto sta circolando una versione-bozza che prevede la fusione di università vicine per ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse e un organico di personale docente a tempo indeterminato che abbia almeno il 40% di ricercatori universitari e una quota non superiore al 27% di professori ordinari.
Queste le principali novità contenute nel disegno di legge quadro in materia di organizzazione del sistema universitario con delega al governo per il riordino del reclutamento e della progressione di carriera dei professori e dei ricercatori universitari e in materia di diritto allo studio e misure per la valorizzazione e valutazione dell’attività didattica e scientifica. La bozza del provvedimento predisposto dal ministro Gelmini, e consegnato ai rettori per una prima valutazione, introduce un nuovo meccanismo di reclutamento dei professori eliminando i concorsi locali e introducendo un’abilitazione nazionale (distinta per le funzioni di professore ordinario e professore associato).
Prevede, inoltre, tra le novità, che i rettori possano restare in carica per non più di due mandati e un massimo di 8 anni, semplifica l’articolazione interna degli atenei e introduce la figura del professore aggregato per quei ricercatori che, su richiesta dell’ateneo di appartenenza, svolgono anche compiti didattici.
Sulle linee guida messe a punto a Viale Trastevere (una ventina di pagine, 15 articoli) hanno espresso perplessità gli studenti di Destra che, tra l’altro, lamentano di essere stati bypassati dal ministro. «Lasciare alle singole università la possibilità di chiamare chi vogliono tra un enorme elenco di idonei, senza alcuna graduatoria, non risolve – spiega Andrea Volpi, capogruppo del centro destra al Cnsu (Consiglio nazionale degli studenti universitari) – il problema del sistema delle raccomandazioni e della cooptazione, anzi lo stabilisce per legge.
L’idoneo raccomandato, infatti, sarà chiamato immediatamente a insegnare e avrà la cattedra e lo stipendio. L’idoneo che non è figlio o parente di nessun barone invecchierà aspettando di essere chiamato da qualche Ateneo». Anche a parere di Giovanni Donzelli, leader nazionale di Azione universitaria il doppio passaggio tra esame di idoneità e libera chiamata da parte degli Atenei «è un monumento alla cooptazione, rischia di essere la negazione del merito».
L’articolato, tra le prime questioni, affronta quella della moralizzazione prevedendo che gli atenei adottino un Codice etico che individui «in modo puntale i casi di incompatibilità e di conflitto di interesse e predisponga opportune misure per evitarli». Dedica quindi un capitoletto al trattamento economico dei docenti stabilendo che per professori e ricercatori universitari a tempo pieno esso sia correlato e un impegno complessivo per ricerca, aggiornamento scientifico, didattica e funzioni gestionali, indicativamente misurato in 1.500 ore annue. Prevede, infine, che professori e ricercatori siano tenuti a presentare ogni biennio una relazione sull’attività didattica scientifica svolta: solo in caso di positiva valutazione viene attribuito lo scatto biennale.

Manuel Massimo

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