Domani inizierà la settimana della Maturità 2020. L’esame quest’anno prevede solo un colloquio orale e tutti i docenti saranno interni. La riforma del 13 aprile 2017 ha cambiato l’Esame di Stato, che nel 2019 era già stato “alleggerito”. Ma da molto tempo c’è un interrogativo che pervade il mondo dell’istruzione italiano: oggi serve ancora fare la Maturità? Ne abbiamo parlato con la prof.ssa Fatima Longo, docente di scienze al Liceo De Sanctis di Roma e responsabile didattico per i test di ammissione alle facoltà biomediche dell’università Sapienza.
Prof.ssa mancano tre giorni alla Maturità qual è l’umore tra gli studenti della sua scuola?
Che hanno già attaccato il cappello! Perché diciamo che l’esame è un po’ un pro forma sapendo che hanno tutti interni e che non ci sono gli scritti. Si è vero, c’è l’elaborato, ma la maggior parte sono andati tutti a farselo fare e quindi io ho le mie quinte ormai in vacanza. Infatti non pochi colleghi si sono lamentati.
La Maturità oggi ha ancora un senso secondo lei?
Credo stiamo attraversando un momento storico di passaggio . Io insegno anche alla facoltà di Medicina della Sapienza e quindi vedo un po’ i due mondi. Negli altri paesi ormai studiano fino al quarto anno e poi hanno un quinto anno di raccordo per prepararsi al cammino universitario. In Italia invece i licei sperimentali ancora non hanno preso piede, abbiamo quindi degli studenti del quinto anno che da un lato hanno la scuola gli richiede molto, dall’altro le università, sia pubbliche che private, ti fanno fare i test molto prima di fine percorso. Quindi io mi ritrovo con tanti miei alunni che sono già entrati chi alla Bocconi, chi al Politecnico di Torino, a quello di Milano, chi all’estero a Oxford. Allora è chiaro che quest’esame si svuota del suo significato perché il voto a loro non gli serve più, i saperi ormai li hanno acquisiti, se devono studiare preferiscono farlo per un accesso come quello di medicina piuttosto che per l’esame di Maturità.
Il sistema è ormai obsoleto?
Secondo me l’esame di Maturità può avere un senso se fatto nel quarto anno, poi al quinto un esame propedeutico per l’accesso all’università. Come si faceva nei vecchi professionali. Magari con la scuola che mescola gli studenti delle classi quinte in base al loro orientamento universitario. Più ore di lettere per il ramo umanistico, più di scienze e matematica per quello scientifico. La riforma dei quarti era interessante tranne su un punto fondamentale: non si possono fare programmi da cinque anni in quattro. Bisogna rivedere i programmi in quel caso, altrimenti giustamente i docenti si lamentano. Perché ad esempio il liceo biomedico sta prendendo piede? Perché fanno molte ore di scienze quando ormai negli scientifici se ne fa davvero poca e questo prepara gli studenti che vogliono perseguire un certo indirizzo.
La proposta Colao prevede anche il potenziamento dell’orientamento. C’è necessità di rivederlo?
Io sono funzione strumentale di orientamento, lavoro sia a scuola che in Sapienza per l’orientamento e PCTO. Secondo me i percorsi di 90 ore che vengono fatti sono buoni, le duecento che si facevano prima erano pesanti. Oggi i ragazzi si calano nelle realtà universitarie, aziendali in modo efficace ma non eccessivo; le scuole sono più rilassate e i ragazzi li vedo più soddisfatti. Io sono per questo tipo di orientamento, dove gli studenti vengono seguiti, gli open day troppo al “vieni da me, guarda cosa ti offriamo” funzionano poco. Così i ragazzi vengono disorientati.
Crede che la didattica a distanza possa essere un’integrazione del metodo di insegnamento in futuro?
Certo. L’unica problematica della Dad è la valutazione, non si può fare a distanza. Lo abbiamo visto sia per le scuole che per l’università: gli studenti copiano. Ma la valutazione non c’entra nulla con la Dad. Dal 2014 sono responsabile della piattaforma Moodle – piattaforma open source Modular Object-Oriented Dynamic Learning Environment Ndr – che è la stessa delle università. In tutti questi anni spesso ho avuto ostruzionismo nell’uso di questa tecnologia: adesso c’è stato l’obbligo e dopo il lockdown tutti i colleghi ci hanno ringraziato perché ha aperto porte prima impensabili per l’insegnamento. In Sapienza ho fatto un corso di orientamento a Medicina tutto in Dad. Sono anni che la uso anche nella didattica a scuola e ti aiuta tantissimo: un docente ha minor carico di lavoro e maggiore ottimizzazione per gli studenti.
Per esempio ho proposto per il prossimo anno di fare gli incontri con i genitori solo online; questo risparmierà tempo per tutti, anche in una città come Roma dove lo smog viene alimentato soprattutto dal traffico di auto private. Non solo: farò online anche le giornate di orientamento; noi abbiamo una scuola di cinque sedi e così azzeriamo anche le perdite di tempo negli spostamenti degli studenti. E questo aiuta anche i ragazzi perché, si dice poco, ma oggi gli studenti più giovani sono pro cellulare ma non pro computer. Mi auguro che non si torni indietro ma si vada avanti. Io sono per la modalità blended nell’insegnamento, un po’ in presenza e un po’ a distanza. Poi sicuramente come ogni cosa andrà limata, ma questo è il futuro e abituarsi è soprattutto una questione mentale.
Crede che il Ministero abbia recepito l’importanza di migliorare la didattica utilizzando le nuove tecnologie?
Me lo auguro. Anche per una questione ecologica, perché anche questo è dare un futuro ai ragazzi.