Vorrebbe leggere il tema che la figlia, morta ormai quattro anni fa, scrisse per l’ammissione alla terza media ma dalla scuola le negano questa possibilità. È la storia di Sabrina Bergonzoni, mamma di Eleonora e fondatrice di Agito, Associazione genitori insieme tumori ossei, che nei giorni scorsi ha fato un appello su Facebook per entrare in possesso degli ultimi pensieri della figlia deceduta a causa di un tumore alle ossa proprio poche settimane dopo aver sostenuto l’esame che (da privatista) avrebbe sancito il suo passaggio all’ultimo anno delle scuole medie.
“Lo vorrei ma ho anche un po’ paura di leggerne il contenuto. Può restituirmi una parte di lei – ha raccontato Sabrina al Corriere di Bologna – Ele ha lasciato poche tracce, solo qualche bigliettino che si scambiava con le amiche, qualche poesia che amava molto, ma ho poco del suo pensiero. Si è ammalata bambina mentre leggeva Harry Potter. L’ultima Eleonora, invece, la conosco meno, perché l’adolescenza è esplosa insieme alla malattia e i conflitti pure, era abbastanza arrabbiata. Non so quanto ci dicessimo la verità”.
Eleonora venne colpita a 12 anni da un osteosarcoma, un tumore primario dell’osso, quando frequentava la prima media. Nonostante interventi e terapie durissime la ragazzina ha continuato a voler studiare frequentando la seconda media da casa e in ospedale, con gli insegnanti che accompagnano negli studi i bambini e ragazzi ricoverati in reparto. Poi ha sostenuto l’esame da privatista per passare dalla seconda alla terza media sotto pesanti antidolorifici, in stampelle, e scrivendo un tema di italiano che secondo una confidenza di un’amica di Eleonora parlasse proprio della mamma. Ecco perché Sabrina oggi vorrebbe quantomeno leggerlo.
Una richiesta però che si sta scontrando con le rigidità della macchina burocratica della scuola: una battaglia iniziata già due anni fa inviando una mail alla segreteria della scuola media dove si sono svolte le prove scritta ma a cui non ha mai ricevuto risposta. Sono seguite poi telefonate e solleciti ma non c’è stato niente da fare. Ecco, dunque, che l’ultima speranza è affidata ai social.
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