A come “amore”, B come “bella e brutta”, C come “cercarsela”. Parole, ma anche battute, frasi fatte, credenze riflettono spesso falsi stereotipi che portano a normalizzare la violenza, fisica e psicologica, subita dalle donne. E, proprio per sradicare questi pregiudizi che promuovono o legittimano condotte sessiste, è stato presentato oggi all’Università degli Studi di Milano, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, il “Dizionario breve sugli stereotipi associati alla violenza di genere e alla vittimizzazione secondaria” a cura di Francesca Poggi, docente di Filosofia del Diritto, Irene Pellizzone docente di Diritto Costituzionale e di Anna De Giuli, dottoranda in Filosofia del Diritto dell’Università Statale di Milano, con il contributo dei fumettisti Lorenza Luzzati, Paolo Ferrante, Deborah Madolini, Alberto Philippson ed Elisa Vignati.
Il dizionario
Alla presentazione “Le parole della violenza. Conoscerle per evitarle” che si è tenuta questa mattina nell’Aula Magna dell’Università Statale di Milano hanno partecipato, tra gli altri, la Rettrice Marina Brambilla, Elena Lucchini assessora alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari Opportunità di Regione Lombardia, Elena Lattuada delegata del Sindaco alle Pari opportunità di genere del Comune di Milano e Marilisa D’Amico prorettrice alla Terza Missione e alle Pari Opportunità dell’Università degli Studi di Milano e responsabile dello spoke 6 di MUSA.
Il Dizionario, ideato dal team di Human Hall, l’hub per l’inclusione, l’innovazione e la tutela dei diritti umani dell’Università degli Studi di Milano e parte dello Spoke n. 6 del progetto PNRR MUSA (Multilayered Urban Sustainability Action) vuole essere una risorsa educativa e scolastica con l’obiettivo di stimolare un pensiero critico autonomo sui temi della violenza di genere e della vittimizzazione secondaria, cioè quella violenza che non si verifica come diretta conseguenza dell’atto criminale, ma quando per esempio è richiesto alla vittima di testimoniare più volte, di fronte a differenti autorità, facendole rivivere le violenze subite, oppure quando la si obbliga a stare in presenza del partner violento.
“Questo progetto è rivolto principalmente a studenti e studentesse delle scuole secondarie di primo e secondo grado perché gli stereotipi e la violenza di genere sono temi strutturali che esprimono gli equilibri di potere di una società. Ed essendo strutturali, vanno combattuti soprattutto a livello educativo. Conoscere questi stereotipi serve proprio a renderci coscienti di alcune narrative che sono parte integrante della nostra cultura e che si attivano in maniera automatica, attraverso i bias, sminuendo il problema della violenza di genere. Alle medie, i ragazzi e le ragazze hanno già un bagaglio sufficiente per comprendere queste tematiche, ma non hanno ancora preso una posizione netta sul tema: contiamo che il Dizionario possa contribuire a formare questo tipo di coscienza”, spiegano Francesca Poggi e Irene Pellizzone.
L’iniziativa per combattere gli stereotipi di genere nelle scuole
Il Dizionario verrà infatti presentato e distribuito principalmente nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, ma si sta lavorando con le istituzioni locali perché possa essere presente anche nei consultori e in altri enti territoriali. Proprio per raggiungere un pubblico giovane, il volume si presenta come un piccolo dizionario che con un linguaggio chiaro e vignette immediate, mette in luce bias e pregiudizi a partire da parole chiave organizzate in ordine alfabetico: dalla A di “amore” alla G di “gelosia”, dalla C di “cercarsela” alla U di “ubriaca”, dalla I di “isolamento” alla E di “esagerata”.
“Sono gli “in realtà” evidenziati dal progetto portato avanti dalle colleghe e nascosti dietro le parole in apparenza più innocenti che tentiamo di sradicare ogni giorno. E lo facciamo nel dialogo con i giovani e le giovani. Lo facciamo soprattutto ascoltandoli per poter rispondere veramente alle loro richieste e per parlare il loro stesso linguaggio. La costruzione di una cultura che sia paritaria nel concreto si basa sul rispetto, sulla piena autoconsapevolezza e sul consenso e noi lavoriamo per questo in ateneo, con la città e con la società. Università, enti, imprese e persone in questo devono trovare un terreno comune e agire insieme”, spiega Marilisa D’Amico.
“Per Regione Lombardia, la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere sono un obiettivo strategico di legislatura, una priorità di mandato. Per questo sosteniamo il funzionamento delle nostre 27 reti antiviolenza, promuoviamo misure innovative finalizzate all’inserimento lavorativo e all’autonomia abitativa delle donne e abbiamo sottoscritto protocolli con le scuole e finanziato un bando di formazione con le Università. Tutto ciò deve però essere accompagnato dalla promozione di un paradigma di valori materiali e immateriali orientati alla cultura di parità. Solo un’alleanza tra istituzioni e cittadini che metta in comune competenze accademiche, umane e professionali potrà superare stereotipi di genere per far crescere l’intera comunità”, aggiunge Elena Lucchini.
“Ogni giorno Tante donne subiscono forme di violenza diverse dal femminicidio, violenza economica, del linguaggio, nei luoghi di lavoro, sono purtroppo tante occasioni di prevaricazione.
E quindi la Grande scommessa, che tutte noi abbiamo nelle nostre mani e che deve essere un patto Inter generazionale tra le donne, è lavorare ogni giorno per debellare il germe della violenza, che si annida anche nel linguaggio quotidiano. Ogni giorno dobbiamo essere sentinelle per affermare il principio del rispetto, e questo lavoro deve essere supportato dalle istituzioni che devono collaborare, a livello locale come nazionale”, conclude Elena Lattuada.
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