Inauguriamo la nuova rubrica “Next Generation Eu” di Corriereuniv con uno dei temi più importanti, a mio avviso, per il futuro dei giovani: l’orientamento.
Con molta probabilità, verrà inserito in uno dei progetti del Recovery Fund, finanziato con le risorse messe a disposizione dalla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Ricordiamolo, sono ben 209 miliardi di euro stanziati dall’Europa in favore del nostro Paese, per rispondere alla crisi pandemica che ha travolto l’intero continente. Se ne dovrebbero occupare il ministero dell’università e della ricerca guidato da Gaetano Manfredi, insieme a quello dell’istruzione, retto da Lucia Azzolina e del lavoro con Nunzia Catalfo.
Il presidente Conte ha più volte rimarcato che le proposte italiane relative al Recovery Plan, saranno sui tavoli di Bruxelles, non più tardi di febbraio. Volendogli credere ci si chiede se ci sarà il tempo di concepire progetti di qualità o prevarrà la logica di un pragmatismo amministrativo.
Quel che è certo è che l’occasione è davvero ghiotta per mettere ordine ad un mondo che è stato fin qui troppo sottovalutato e che invece rappresenta l’opportunità di puntellare il percorso, la carriera e la crescita personale dei nostri giovani. Che si tratti di orientamento scolastico, universitario o professionale (tre ambiti che richiedono specifiche e diverse competenze) è opportuno capire quali siano gli obiettivi da prefissare, i tempi entro cui realizzarli, i contenuti e le modalità.
L’ultimo tavolo aperto sull’orientamento, ricordo, fu quello proposto dall’allora ministro dell’università Francesco Profumo che provò ad aprire una discussione seria sul tema (correva l’anno 2012) coinvolgendo e ascoltando in prima persona i principali attori nel Paese. Purtroppo, tutto saltò dopo poco, sappiamo come andò a finire quell’esperienza del governo tecnico guidato da Mario Monti. Da allora, poche cose, dal tratto molto autoreferenziale.
Ma cos’è l’orientamento? A cosa serve? E perché è così importante organizzarlo? Sono domande a cui risponderei molto volentieri, ma non vorrei annoiare i lettori con una lenzuolata di cose tecniche, che appassionano ben pochi.
Quello che mi preme dire è che l’orientamento è una cosa potente se fatta bene. Se chi lo eroga e chi lo riceve sono consapevoli del fatto che si stanno impegnando in un processo di crescita personale molto importante. Non è la scelta della scuola, quella dell’università o del lavoro. La formazione orientativa è utile ai nostri ragazzi per diventare adulti consapevoli. Persone in grado di capire le cose, di metterle in discussione, di riflettere criticamente; di comunicare e relazionarsi in maniera assertiva; di rispondere alle difficoltà e ai disagi della vita con equilibrio; di accettare di sbagliare e non vedere l’errore come un fallimento, bensì come un’ opportunità di crescita.
Non è una cosa che si fa in un giorno, in una lezione o in un ciclo di seminari. E’ un percorso molto lungo che dovrebbe cominciare a scuola, molto presto e che dovrebbe continuare in un fil rouge che accompagni e faciliti il ragazzo almeno fino alla maggiore età. Questo compito non può che essere delle Istituzioni. Le uniche ad avere la forza e le risorse per strutturare un percorso pubblico-privato virtuoso e se vogliamo affascinante.
In questa rubrica proveremo a raccontarvi cosa bolle in pentola a livello ministeriale, quali saranno i progetti in campo, e i loro estensori. Utilizzeremo questo spazio oltre che per l’informazione e la cronaca, anche per riflettere insieme, per lanciare idee e proposte. Insomma dare un contributo civico, culturale a cui un giornale come il nostro non può sottrarsi.
Un primo contributo sull’orientamento mi è arrivato da Salvatore Soresi, già professore ordinario dell’Università degli studi di Padova e studioso del tema da più di trent’anni.
Soresi invita ad un cambio di passo: “Coloro che si occuperanno nei prossimi mesi di orientamento dovranno testimoniare, con le attività e le iniziative che attiveranno, di essere agenti di innovazione, sentinelle della discontinuità nei confronti degli ancoraggi ai modelli di orientamento del passato”.
Così come pone l’accento sul valore della consapevolezza: “Chi grazie al concorso degli altri ha imparato ad essere maggiormente consapevole a proposito di ciò che sta accadendo e/o che potrà accadere, non si lascia ingannare dai luoghi comuni e dagli slogan, dagli stereotipi e dai pregiudizi; non subisce passivamente consigli e raccomandazioni, propagande e seduzioni ma in modo assertivo le denuncia, le affronta e rielabora”.
Ecco il testo completo dell’intervento di Soresi.
Buona lettura.
Mariano Berriola
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