Le donne? Più brave negli studi, penalizzate sul lavoro

Grazie alle Indagini AlmaLaurea sul Profilo e la Condizione Occupazionale dei laureati, che ogni anno prendono in esame oltre 200 mila studenti universitari, è possibile tracciare un identikit delle performance formative e professionali delle donne laureate.
La lettura dei dati relativi alla condizione occupazionale conferma il forte divario in termini non solo occupazionali, ma anche contrattuali e retributivi tra maschi e femmine: un differenziale a favore dei primi che, a parità di condizioni, non diminuisce con il passare del tempo e aumenta in presenza di figli.
Eppure, le donne all’università, indipendentemente dal percorso di studio, hanno performance più brillanti rispetto ai loro colleghi uomini, sia in termini di regolarità negli studi sia di votazioni conseguite. In base ai dati del XVI Rapporto sul Profilo dei laureati italiani emerge infatti che tra i laureati del 2013 è nettamente più elevata la presenza della componente femminile, il 60%. Inoltre, la quota delle donne che si laureano in corso è superiore a quanto registrato per i loro colleghi: il 45% contro il 40% degli uomini (la media nazionale è 43%); il voto medio di laurea è pari a 103,3 su 110 per le prime e a 101,0 per i secondi (è 102,4 per la media nazionale).
Ciò è confermato in ogni percorso disciplinare e a parità di ogni altra condizione (origine sociale, studi pre-universitari, ecc.). Le donne hanno svolto più tirocini e stage riconosciuti dal proprio corso di laurea, il 60% contro il 52% dei maschi (la media nazionale è del 57%); hanno usufruito in maggior misura di borse di studio, 24% delle donne contro il 19% dei maschi la cui attribuzione è condizionata dal profitto negli studi (è il 22% a livello nazionale).
Tuttavia, sebbene le donne abbiano performance formative migliori dei loro colleghi, sul mercato del lavoro incontrano maggiori difficoltà di realizzazione professionale, a tal punto che per “giocare alla pari” di fatto devono essere più qualificate; in Italia ancora di più di quanto non capiti in Europa. Lo conferma la documentazione relativa alle laureate magistrali, indagate a uno e cinque anni dal titolo, anticipata da AlmaLaurea in occasione dell’8 marzo, a partire dai dati del XVII Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati (che sarà presentato a fine mese). Il Rapporto registra ancora una volta significative e persistenti disuguaglianze di genere. Il divario occupazionale tra laureati e laureate e le differenze retributive segnalano infatti quanto ancora le donne, in questo caso quelle più istruite, siano penalizzate nel mercato del lavoro.
 
Le differenze di genere in termini occupazionali
Tra i laureati magistrali, già ad un anno dalla laurea le differenze fra uomini e donne (che rappresentano rispettivamente il 42% e il 58%) in termini occupazionali, risultano significative (oltre 7 punti percentuali: lavorano il 52,5% delle donne e il 60% degli uomini). Le donne risultano meno favorite non solo perché presentano un tasso di occupazione decisamente più basso, ma anche perché si dichiarano più frequentemente alla ricerca di un lavoro: il 34% contro il 26% rilevato per gli uomini. A cinque anni dal conseguimento del titolo le differenze di genere si confermano significative e pari a 7 punti percentuali: lavorano 78 donne su cento e 85 uomini su cento. I vantaggi della componente maschile sono tra l’altro confermati a parità di gruppo disciplinare, non dipendono quindi dal percorso di studi intrapreso.
 
Le donne sono più penalizzate sul lavoro se hanno figli
Il differenziale occupazionale, a un anno dalla laurea, raggiunge i 28 punti tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione, considerando solo quanti non lavoravano alla laurea, è pari al 55% tra gli uomini, contro il 27% delle laureate), mentre scende fino a 10 punti, sempre a favore degli uomini, tra quanti non hanno prole (tasso di occupazione pari al 50% contro il 40%, rispettivamente). A cinque anni dalla laurea,si conferma il differenziale: 24,5 punti percentuali tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione è pari all’88% tra gli uomini, contro il 63,5% delle laureate), mentre scende fino a 7 punti, sempre a favore degli uomini, tra quanti non hanno prole (tasso di occupazione pari al 82% contro il 75%, rispettivamente). Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a un anno dal titolo lavora il 40% delle laureate senza prole e il 27% di quelle con figli (un differenziale del 13%). A cinque anni il divario permane (11,5% punti percentuali): lavora il 75% delle laureate senza prole e il 63,5% di quelle con figli.
 
Stabilità occupazionale retribuzioni: si confermano le differenze di genere
Ad un anno dalla laurea gli uomini possono contare più delle colleghe su un lavoro stabile (le quote sono 38% e 31%). Il lavoro non standard, ovvero il contratto a tempo determinato, è leggermente più diffuso tra le donne, coinvolgendo 27 occupate su cento (rispetto al 23% dei colleghi). A cinque anni dalla laurea il lavoro stabile diventa una prerogativa tutta maschile: può contare su un posto sicuro, infatti, il 77% degli occupati e il 64% delle occupate. È naturale che queste differenze sono legate anche alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne; le seconde, infatti, tendono più frequentemente ad inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire una rapida stabilizzazione contrattuale.
Differenze significative di genere si rilevano anche dal punto di vista retributivo Ad un anno dal conseguimento del titolo gli uomini guadagnano il 30% in più delle loro colleghe: 1.217 euro contro i 936 euro delle donne. A cinque anni, il differenziale retributivo è pari sempre al 30,5% a favore dei maschi: 1.556 euro contro 1.192 euro delle colleghe. Ad influire sul differenziale retributivo è anche la maggior diffusione del contratto part time per le donne. Un’analisi approfondita, che ha tenuto conto del complesso delle variabili che possono avere un effetto sui differenziali retributivi di genere (percorso di studio, età media alla laurea, voto di laurea, formazione post-laurea, prosecuzione del lavoro precedente alla laurea, tipologia dell’attività lavorativa, area di lavoro, tempo pieno/parziale), mostra che a parità di condizioni gli uomini guadagnano in media, ad un anno dalla laurea, 90 euro netti in più al mese; un valore che sale a 167 euro tra i laureati 2009 a cinque anni dalla laurea.

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