Gabriele è uno studente di Filosofia in pari con gli esami. La media? 30 e lode. Eppure non ha diritto a nessuna riduzione, nè a borse di studio per merito. Ecco la lettera inviata al Tirreno con cui Gabriele denuncia la sua situazione di “discriminazione” da parte dell’Università di Pisa.
«Da quest’anno – scrive – il regolamento dell’Ateneo sulla contribuzione degli studenti prevede che il merito venga riconosciuto solo agli studenti con un reddito al di sotto di una certa fascia, perché chi la supera, secondo il consiglio d’amministrazione, non ha l’esigenza di avere un piccolo aiuto, dal momento che quella fascia è il discrimine tra chi ha diritto a una riduzione per motivi economici e chi non ce l’ha. Si potrebbe concludere che il consiglio d’amministrazione ha ragione: perché concedere agevolazioni, gravose per l’Università, a chi per di più non ne ha bisogno? Però, a mio avviso, la soluzione raggiunta lascia irrisolti due problemi. In primo luogo “il riconoscimento del merito consiste” e non “consisteva”, perché continua a esistere: gli studenti che hanno diritto a una riduzione per motivi economici continuano, come gli anni scorsi, a poter vedere riconosciuto il loro merito; se s’impegnano, risulteranno meritevoli non solo a livello didattico, cioè con i professori, ma anche a livello istituzionale, e potranno così salire nelle graduatorie, ad esempio, delle collaborazioni part-time, il cui criterio di selezione è appunto il merito».
«E tutti gli altri studenti? – chiede Flamigni – Tutti quegli studenti con una buona media ma con un reddito un po’ troppo alto per gli standard dell’Università di Pisa? Dalle graduatorie pubblicate il loro merito risulta zero. Sono dei fannulloni, anzi: dei fannulloni ricchi, il che è ancora peggio perché, come sarebbe stato detto durante la seduta del consiglio d’amministrazione per giustificare la novità del regolamento, “chi è ricco studia meglio”. Io non so se sono ricco, però sono pendolare, ogni giorno impiego almeno due ore e mezza per arrivare da casa all’Università. Due ore e mezza all’andata e altrettante al ritorno. Salvo ritardi degli autobus e dei treni. Però, a quanto pare, nessuno nel consiglio d’amministrazione ha proposto di applicare agevolazioni ai pendolari perché “chi è pendolare studia peggio”, né io mi sono mai permesso di sostenere una scemenza simile».
«Se la riduzione per merito agli studenti richiede dei costi troppo alti per l’Ateneo, le soluzioni secondo me sono due – prosegue Flamigni -: o le due riduzioni, per merito e per reddito, sono applicate alternativamente (se si ha diritto a entrambe, si riceve quella più favorevole), o si cambia il modo di riconoscere il merito. E invece l’Università di Pisa ha scelto la soluzione meno logica: il merito viene riconosciuto solo ai “non ricchi”. E così l’Ateneo ha scelto di discriminare gli studenti meritevoli sulla base di un parametro che con il merito non ha niente a che vedere».
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