La lettera degli studenti al Paese: “Senza l’Istruzione non c’è futuro”

studenti

Senza inversione di marcia sull’Istruzione il Paese non ha futuro. E’ questo il pensiero degli studenti, che hanno deciso di scrivere una lettera indirizzandola idealmente a tutti i cittadini.

“In un momento di crisi, in cui le risposte dalla politica sono sempre state praticamente inesistenti e in cui scuola ed università sono sempre state poste come ultima delle priorità, noi giovani ci ritroviamo ad avere un futuro precario in un Paese chiuso su se stesso” – scrivono i ragazzi dell’Udu al Corriere dell’Università.

“In un momento di crisi, economica ma anche politica, cerchiamo risposte, chiediamo di essere ascoltati: per questo lanciamo un appello al Paese intero, un appello che chiede un’inversione di marcia reale su scuola e università ma non solo”.

“Per ripartire è necessario guardare ai veri problemi dell’Italia, ricominciando ad investire sulla conoscenza e sui giovani”.

 

ECCO IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA

Alle Istituzioni Democratiche, ai Partiti, alle Associazioni e ai Cittadini tutti,
Con questa lettera scriviamo da cittadini, studenti, giovani, preoccupati per il nostro Paese, per il nostro presente e futuro. Ci rivolgiamo al Paese tutto, a chi usa violenza, a chi l’ha usata nelle nostre università, a chi sputa sulla democrazia, a chi la democrazia non l’ha difesa, a chi dice che i libri vanno bruciati, a chi cavalca la fragilità di questo momento politico, a chi ha portato il nostro Paese sull’orlo del baratro e si ostina a non volerlo far ripartire, a tutti quegli studenti e studentesse che stanno perdendo la speranza nel loro futuro e vogliono andarsene, a chi non riesce ad arrivare a fine mese, a chi non ha più nulla da perdere perché ha già perso tutto, a chi un lavoro non ce l’ha e se ce l’ha è precario, a chi ha una pensione con cui a malapena sopravvive ma trova sempre il modo di sostenere figli e
nipoti.

Se pensiamo che questa crisi sia solo economica siamo cechi: le scelte per riprendersi da una crisi economica sono soprattutto scelte politiche, culturali, le scelte che noi non abbiamo fatto, le scelte che il Paese non sta facendo, le uniche scelte che dovrebbe fare. E’ una crisi radicata in noi, noi tutti. E’ una crisi che porta con sé il rischioso riproporsi della storia, e non ce ne stiamo accorgendo o forse stiamo fingendo di accorgercene, ma non sarà un commento su Facebook o la violenza ad evitare certe derive.

Dobbiamo davvero credere che per uscire dalla crisi sia necessario tutto ciò bendandoci gli occhi e abbandonando la nostra terra? Non possiamo immaginare forme economiche che tutelino anche la solidarietà sociale? Non dobbiamo forse pretendere che le nostre scuole e università tornino ad essere luoghi di esercizio di democrazia aperti ed accessibili a tutti? Non possiamo pensare ad un Paese che sia realmente fondato sulla conoscenza e sul lavoro? Vogliamo abbandonare sul serio la nostra democrazia? La nostra generazione ha visto solo la democrazia, questa democrazia: spesso non ci siamo sentiti ascoltati, nemmeno da chi avrebbe dovuto rappresentarci. Ma questo non può essere un motivo per lasciarla morire, la nostra democrazia, perché rimane la stessa democrazia che ci racconta la nostra Costituzione.

Ed anche se c’è chi i libri vorrebbe bruciarli, noi è il Paese scritto tra quelle pagine che vogliamo ricostruire. Il giorno in cui non potremmo più leggere di quella democrazia da raggiungere, avremmo fallito perché non ci sarebbero più pagine da leggere, né da scrivere. E per evitare questo l’unico modo è ricostruire le istituzioni, far capire loro qual’è la vera voce del Paese, chiedere un cambiamento, che sia vero però questa volta. La storia ci insegna che la distruzione non ha mai portato da nessuna parte se non alla perdita delle conquiste avute sino a quel momento. Forse a noi, la generazione del “nuovo millennio”, alcune cose sembrano ovvie, ma non lo sono e lo vediamo, nelle nostre scuole nelle nostre università: migliaia sono gli studenti idonei e non beneficiari di borsa, troppe sono le scuole che crollano.

Dobbiamo veramente aspettare di sentirlo sulle nostre vite? Vogliamo veramente andarcene altrove? Vogliamo veramente che l’Italia diventi il Paese di nessuno? Vogliamo restare soli nel nostro individualismo?Fare politica significa fare delle scelte, significa avere cura della cosa pubblica e avere cura della cosa pubblica significa difendere la democrazia, perché la democrazia è di tutti. Il resto no, il resto non è di tutti. E se il punto centrale è che quello che abbiamo visto negli ultimi vent’anni ci da il voltastomaco e siamo disillusi perchè quando eravamo in centinaia di migliaia nelle piazze nessuno ci ha ascoltati, pensiamo che la storia, la Costituzione, l’hanno sempre scritta i popoli, non le persone, e l’hanno scritta i popoli che non si arrendevano e credevano in quella stessa democrazia che rischiamo di lasciare sola. La politica è di tutti, non di pochi, proprio come la democrazia.

L’unica via possibile sono le risposte e dopo vent’anni di malapolitica e corruzione ce le meritiamo, le pretendiamo e non solo per il nostro di futuro ma per quello di tutti.

UdU – Unione degli Universitari
Rete degli Studenti Medi

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