La fuga dei cervelli? Esiste anche in Germania

fuga dei cervelli

La fuga dei cervelli? Anche in Germania esiste. O così pare, secondo i dati: tra il 1996 e il 2011 per 19mila ricercatori arrivati nel Paese, più di 23mila sono emigrati. Ma c’è anche chi contesta i numeri. L’articolo di Tonia Mastrobuoni sulla Stampa

Dal prossimo autunno, il Nobel per la medicina Thomas Südhof tornerà per un po’ a Berlino, per approfondire studi sulle cellule del cervello all’Institut für Gesundheitsforschung (BIG) insieme ai ricercatori della Charité. La ministra per la Ricerca, Johanna Wanka (Cdu), ha espresso grande soddisfazione per questa “grande conquista” della ricerca tedesca. E ha aggiunto che l’arrivo del professore di Stanford dimostra “che la Germania è diventata estremamente attraente per i migliori ricercatori al livello mondiale”. Peccato che non sia vero.

Proprio in questi giorni un gruppo di esperti indipendenti ha consegnato al governo un documento che dimostra l’esatto opposto: anche la Germania è afflitta dal fenomeno ben noto anche da noi della “fuga di cervelli”. Il rapporto della “Expertenkommission Forschung und Innovation” calcola che tra il 1996 e il 2011 per 19mila ricercatori arrivati nel Paese, circa 23mila sono emigrati. E la differenza di qualità tra chi è arrivato e chi ha lasciato la Germania è notevole, dimostra il rapporto. “La mobilità internazionale della ricerca sta provocando una riduzione della qualità in Germania. I migliori se ne vanno e raramente tornano”. Le mete privilegiate sono gli Stati Uniti, la Danimarca, il Regno Unito o la Svizzera.

Tuttavia c’è chi contesta questi dati, obiettando che non sono aggiornati. Jürgen Mlynek, presidente della Helmholtz-Gemeinschaft, che con i suoi 36mila scienziati rappresenta la più grande comunità di ricercatori della Germania, sostiene che negli ultimi anni la comunità scientifica tedesca avrebbe conquistato “in molti settori il tetto del mondo”. In effetti, con la cosiddetta “Iniziativa per l’eccellenza” le università sono state dotate di maggiori fondi, undici atenei hanno ricevuto il titolo di “università di elite”, con risorse milionarie per la ricerca. E anche qui, come in Italia, sono state promosse iniziative per far tornare i ricercatori più bravi dall’estero, per arginare la “fuga dei cervelli”.

 

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