La buona scuola ci chiede di innovare e poi ci boccia con concorsi vecchi

Riceviamo e pubblichiamo una sintesi della lettera di Tomaso Bozzalla Cassione architetto docente, bocciato al recente concorso della scuola.
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La mia esperienza come insegnante nella scuola ha avuto inizio soltanto otto anni fa. Sono un architetto che vuole costruire luoghi in cui le persone si possano sentire abitanti. Per me fa tutto parte dello stesso ed unico lavoro, insegnare e fare architettura sociale hanno un unico filo conduttore, riuscire a promuovere un’educazione complessa e coinvolgere gli altri in azioni dinamiche di sviluppo verso una condizione migliore.
Tutto questo è possibile attraverso la conoscenza, la comunicazione ed il confronto con l’altro. Lavoro creando laboratori di educazione formale ed informale, mischiando diverse discipline e svariati strumenti, aprendo allo scambio e al dialogo e provocando, così, momenti d’incontro.
Ho avuto la fortuna di lavorare in diversi contesti, in Italia e all’estero. Un giorno di nove anni fa, in Nicaragua, mi sono fermato ed ho capito che la maggior parte delle cose che stavo facendo non erano abbastanza, come architetto, non sarebbero riuscite ad arrivare ad essere complete senza passare attraverso un grande progetto parallelo che doveva interessare peculiarmente il PROCESSO FORMATIVO dei luoghi in cui stavo operando.
L’istruzione, la formazione, l’educazione sono elementi fondanti qualsivoglia forma di sviluppo in qualsiasi contesto. Senza un adeguato lavoro promosso, evidentemente, all’interno del tempio dentro cui si snoda il percorso formativo, la SCUOLA, rischiano di essere vani i vari tentativi di migliorare la crescita degli abitanti.
La mia attenzione si sofferma in particolare sul Concorso pubblico realizzato dal governo in questi mesi per assumere i professori (Concorso, nel mio caso, svolto a Pavia per la nuova classe di concorso A037, Scienze e tecnologie delle costruzioni, tecnologie).
Tutta la professionalità di noi professori, tutto il nostro saper insegnare ad una classe, in questo Concorso è stato valutato attraverso sei domande. Dalla commissione siamo stati giudicati unicamente sulla base delle nostre conoscenze nozionistiche, ma questo non può essere l’unico parametro per capire se un professore è in grado di lavorare in una classe oppure no.
Attorno alla dottrina è necessario che un professore aggiunga anche tutta una serie di insegnamenti educativi che vadano a completare il percorso formativo della classe durante un anno scolastico.
Tutti i giorni noi professori troviamo nuove idee e nuove forze per stimolare i nostri studenti a costruire. Spieghiamo cosa vuol dire progettare. Ascoltiamo i ragazzi, anche questo è insegnare! Cerchiamo di instaurare un rapporto, confrontandoci con gli studenti, discutendo, accettando lo scontro, ritrovando un equilibrio, costruendo dei gruppi di lavoro. La classe cresce e cambia, il lavoro è continuo, giorno dopo giorno, è una storia che si evolve, singola e plurale.
Nella prova scritta ho cercato di sintetizzare questo mondo meraviglioso in poche battute e in pochissimo tempo. Con le mie risposte ho cercato di organizzare un discorso che in maniera sistematica ma organica, riuscisse a far trasparire tutta la complessità del nostro lavoro, tutto il significato del nostro essere insegnanti.
Essendo stato bocciato, non sono stato in grado di trasmettere come avrei voluto questi miei pensieri alla commissione; dall’altra parte, chi ha corretto la prova scritta ha valutato le risposte soltanto in funzione di un unico parametro, come detto, quello nozionistico.
Noi professori non ammessi all’orale perché bocciati allo scritto, ancora oggi, ci stiamo chiedendo se siamo noi, effettivamente, i professori fuori luogo, in questa nuova buona scuola.
Imparare ad imparare è una delle competenze scolastiche primarie richieste a livello europeo. Insegnare in maniera tale che lo studente possa costruirsi in autonomia una propria capacità di comprensione e sviluppo del pensiero, affinchè possano crescere ragazzi in grado di saper gestire diverse situazioni, ricavandone sempre risultati positivi anche per la collettività.
Come è possibile che la correzione della prova scritta sia stata fatta senza tenere in considerazione tutte quelle pratiche educative e quelle metodologie didattiche che caratterizzano l’insegnamento del nuovo millennio? (Cosa richiesta e ribadita più volte dallo stesso ministro dell’istruzione.) Una correzione del genere sarebbe stata adatta in un Concorso degli anni ‘80.
Tomaso Bozzalla Cassione

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