Gli archeologi della Sapienza i primi a scavare
A sud-ovest della città di Nasiriyah, nell’Iraq meridionale, un team di ricercatori della Sapienza ha portato alla luce la “Tomba del Piccolo Principe”. Così hanno deciso di chiamarla per la giovanissima età del suo occupante e per la ricchezza del corredo con il quale è stato sepolto, tra cui spiccano un vaso di bronzo a forma di nave, strumenti per la toletta e perle di cornalina di inestimabile valore.
Siamo nel sito di Abu Tbeirah, un’area di 42 ettari a circa una ventina di chilometri dalla città caldea di Ur, cioè nel cuore della regione che è stata la culla della civiltà sumerica nel corso del III millennio a.C. Gli scavi della Sapienza sono la prima campagna archeologica nel sud della nuova Repubblica irachena affidata a una missione straniera dopo le Guerre del Golfo, e sono condotti da un team di archeologi coordinati dall’assiriologo Franco D’Agostino.
Lo scenario che si delinea è quello di un importate insediamento del III millennio a.C. quando in Mesopotamia si affermò il primo impero “universale” nella storia dell’umanità (all’incirca nel 2450-2350 a.C.), e si snoda in un arco temporale che abbraccia essenzialmente il periodo di passaggio dal Proto-dinastico alla seguente Epoca accadica.
A questa conclusione i ricercatori sono giunti grazie ai ritrovamenti della ceramica (almeno un centinaio di coppette), elemento datante fondamentale, e soprattutto degli oggetti in bronzo, rivelatori dell’ambiente storico e culturale dell’insediamento. L’importanza di Abu Tbeirah nel periodo Protodinastico è ulteriormente confermata dal rinvenimento sulla superficie del Tell di un sigillo cilindrico di squisita fattura realizzato in conchiglia su cui è raffigurata la scena di un banchetto (vedi foto 01), assai simile agli esemplari del Cimitero Reale di Ur.
«È in questa sepoltura che abbiamo trovato alcuni oggetti assai rivelatori: oltre a quattro vasi in bronzo, di cui uno a forma di barca, sono stati portati alla luce un pugnale in bronzo e un elemento di toeletta anch’esso di bronzo – racconta Franco D’Agostino – La ricchezza del corredo è poi ulteriormente evidenziata da tre perle in cornalina provenienti dalla Valle dell’Indo e risalenti anch’esse alla medesima epoca». Ma soprattutto lo studio di questa tomba ha permesso di ipotizzare le fasi e le procedure seguite nell’interramento del cadavere, fino a oggi mai descritte negli scavi mesopotamici e che dovrebbero chiarire molti aspetti delle pratiche funerarie della Mesopotamia antica.