Le inchieste di Corriereuniv.it. Il curioso caso dell’esame per l’Avvocatura dello Stato dello scorso 12 giugno, annullato per irregolarità. Le proteste dei candidati. Una storia tutta italiana accaduta all’Hotel Ergife di Roma, dove 975 persone si sono presentate per concorrere a tre soli posti. In uno scontro di versioni, tra ciò che hanno raccontato i ragazzi e il punto di vista della Commissione, cos’è accaduto davvero?
La testimonianza di una candidata. «Voglio fortemente un posto di lavoro, ma di certo non in questo modo». Giulia (nome di fantasia) è una testimone di quello che il 12 giugno è accaduto all’hotel Ergife di Roma. Sono le 8.30 quando, insieme ad altre 974 persone, è entrata nell’albergo noto per prestare le sue stanze allo svolgimento di concorsi di vario genere e questa volta pronto a ospitare l’esame per l’Avvocatura dello Stato. Tre ambitissimi posti in gioco, mille candidati preparatissimi per ottenerli. E proprio per questo non disposti ad essere presi in giro. Subito, invece, alcune cose sono apparse insolite agli occhi di Giulia: nessuno le controlla la borsa all’ingresso e soprattutto non le vengono consegnate le buste con il timbro della commissione e il contenitore dove inserire il numero di riferimento del candidato. Una procedura che, invece, assicura trasparenza e garantisce l’anonimato. Da qui in poi, un crescendo di stranezze. Entrati nell’aula, è iniziato l’appello di tutti e quasi mille i candidati, nel disordine generale. Una follia, secondo Giulia: «Questa cosa proprio non riesco a spiegarmela, che bisogno c’era di perdere un’ora di tempo con l’appello se c’eravamo già tutti registrati con i documenti all’ingresso? Perché poi la commissione ha estratto la traccia e si è andata a riunire per decidere il tema, solo una volta finito l’elenco di tutti i nomi?». E qui un altro segnale che qualcosa non quadrava: «La sensazione era che la materia fosse già nota, c’erano persone, infatti, che avevano portato solamente il codice di civile e di procedura civile, la materia che poi effettivamente è stata estratta». Qualcuno quindi era stato già informato della traccia? Difficile scoprirlo, mentre un po’ meno difficile è dare una spiegazione ad un altro particolare raccontato da Giulia e che, secondo lei, è stata la vera goccia che ha fatto “esplodere” il vaso: «A due banchi da me, sul tavolo di una ragazza c’era un codice commentato, con tutta la giurisprudenza». Questi testi non sono ammessi al concorso, perché ovviamente facilitano lo svolgimento della prova. I ragazzi vanno due giorni prima dell’esame fino all’Ergife solamente per farsi controllare i libri che poi vengono segnati con il timbro della commissione. E’ possibile che con una procedura così puntigliosa nessuno si sia accorto che la ragazza avesse un codice commentato? Una semplice svista? E il fatto che la proprietaria di questo codice fosse la figlia di un avvocato dello stato, una pura coincidenza?
L’inizio della protesta. A quel punto è scoppiato il vero parapiglia. Ragazzi che battevano le mani sui banchi o cantavano l’inno di Mameli. Poliziotti in aula per proteggere la commissione che aveva iniziato a dettare la prova ugualmente. Ma, racconta Giulia, non si sentiva niente. «Non si può pensare di selezionare dei professionisti, altamente qualificati, in questo modo: la situazione non era più sostenibile, perché eravamo stanchi, agitati, lui dettava con gente ancora in piedi, lì davanti a fare protesta». E infatti dopo pochi minuti alle 16-15 il concorso è stato annullato.
Il parere del sindacato. Anche secondo l’Associazione forense la questione dell’appello e delle buste è molto strana, una cosa mai successa. Secondo il sindacato, potrebbe essere sintomo di una commissione del tutto inesperta, «perché chiunque conosca bene le dinamiche di un concorso così delicato, avrebbe saputo esattamente come regolarsi e quindi non avrebbe commesso leggerezze del genere».
La versione ufficiale. Secondo l’Avvocatura dello Stato, però, le cose sarebbero andate diversamente. In una nota si è specificato, infatti, che la decisione di sospendere ed annullare la prova in corso è stata presa a causa di «gravi disordini inscenati da una minoranza di candidati che protestavano in modo esagitato contro i tempi eccessivi trascorsi prima dell’inizio della prova, allegando anche altre pretestuose lamentele. Gli stessi impedivano così il regolare svolgimento della prova nonostante l’intervento delle forze dell’ordine. L’Avvocatura dello Stato si riserva di esperire ogni utile azione contro i responsabili che sono stati identificati».
Il grido di denuncia di chi ha partecipato. «Non era una sommossa di pochi era una sommossa di tutti, tranne pochi, trovati dalla commissione a forza», assicura invece Giulia. E’ forte il suo senso di sconforto verso quello che è successo: «Loro non hanno saputo organizzare un concorso: non si può gestire una situazione del genere in maniera sommaria, perché la rivolta scatta in un secondo. Perché siamo giovani, siamo stanchi, perché siamo tanti per pochissimi posti e già questa è un’ingiustizia e perché si sa che i candidati che hanno qualcuno all’interno sono avvantaggiati. Il rigore è l’unica arma che abbiamo, perché poi dietro le quinte non possiamo sapere che cosa succede. Il fatto che il concorso si svolga in modo serio, con controlli e trasparenza, è l’unica nostra certezza e io questo lo pretendo».
Irene Pugliese