Come si vota? Non è più una domanda scontata da tanti anni in un Paese che ha visto cambiare tre volte la legge elettorale nell’ultimo ventennio. Uninominali, plurinominali, liste, coalizioni, soglie di sbarramento al 3% e al 10%: trovare una codificazione chiara del Rosatellum non è semplice.
L’attuale legge elettorale solitamente prende il nome nei media dal primo firmatario che in questo caso è il deputato Ettore Rosato, renziano della prima ora e attualmente esponente di Italia Viva; varata nel 2017, è la stessa con cui abbiamo votato nel 2018 alle scorse politiche. Soltanto che quest’anno c’è una grande novità: le prossime Camere saranno composte di 400 deputati e 200 senatori elettivi, per un totale di 600 parlamentari. Per capirne di più abbiamo interpellato il prof. Alfonso Celotto, ordinario di Diritto costituzionale presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre.
Collegi e soglie di sbarramento
“I collegi delle circoscrizioni sono così divisi: 221 (1/3) sono eletti in altrettanti collegi uninominali con sistema maggioritario a turno unico, significa – spiega Celotto – che a vincere il seggio è il candidato della lista (o della coalizione di liste) che prende anche un solo voto in più degli altri. Altri 367 deputati e senatori (i restanti 2/3) sono invece eletti in 75 collegi plurinominali che assegnano un numero variabile di seggi (da 2 a 8 a seconda della popolazione)”. Qui il sistema è proporzionale: i posti in palio nel collegio sono attribuiti in proporzione alla percentuale di voti ottenuti da ciascuna lista. Infine, 12 parlamentari sono eletti all’estero in quattro diverse circoscrizioni.
Poi ci sono le cosidette soglie di sbarramento. Per poter ottenere seggi nella quota proporzionale, le singole liste devono ottenere almeno il 3% dei voti validi a livello nazionale (con alcune eccezioni a livello regionale). La soglia vale anche per ciascuna delle liste unite in coalizione. Se la coalizione nel complesso ottiene più del 10%, i voti delle liste che non raggiungono il 3% (ma superano l’1%) non vanno persi ma finisco nel bacino di voti delle liste alleate, in proporzione al consenso di ciascuna.
Come si vota?
“Il voto è abbastanza semplice: bisogna mettere una sola croce sulla scheda o su un partito o su un candidato. E automaticamente quel voto vale sia per il candidato al colleggio uninominale, sia per i partiti collegati al proporzionale – contiua il professore -. Perchè la particolarità del Rosatellum è proprio quella di essere un sistema duplice, cioè allo stesso tempo un maggioritario nel cui seggio vince il candidato che ha preso più voti e un proporzionale con gli eletti in base alle percentuali di voto dei partiti legati a quello specifico candidato che hanno presentato delle liste di candidati che vengono eletti in base a quanto prendono i partiti”. È possibile anche apporre due “x”, una sulla lista e una sul nome del candidato all’uninominale (non però sui nomi del proporzionale).
“Il proporzionale è basato su piccoli collegi rispetto all’uninominale, l’effetto sul nazionale è limitato. La particolarità è che nelle liste proporzionali noi non esprimiamo alcuna preferenza. Noi che voteremo a Roma ad esempio nel collegio di Roma Tre vedremo dei nomi di fianco ai partiti e automaticamente i voti andranno a quei nomi per il proporzionale nell’ordine in cui sono state consegnate le liste dai partiti”. Mentre il cosiddetto “Porcellum”, la legge elettorale che aveva come primo firmatario l’ex ministro leghista Calderoli, virava su un proporzionale a listini bloccati, il vecchio Mattarellum, in vigore fino al 2005, favoriva chi non aveva vinto. “Era fatto per non perdere – ricorda Celotto -. Avevi 2/3 dei collegi con il maggioritario e poi al proporzionale andavano i voti scorporati, nel senso che chi aveva vinto i colllegi quei voti non contavano nel riparto proporzionale dei partiti collegati al vincitore, quindi era fatto per favorire chi aveva perso i collegi. Invece il Rosatellum è fatto per vincere, i voti vanno sia da una parte che da un’altra e non è possibile fare il voto disgiunto che annulla la votazione“.
Multicandidature e “desistenza”
I candidati in più collegi al proporzionale non potranno scegliere il seggio in cui essere eletti. “Questo è stato fatto per evitare ai big dei partiti di favorire quel candidato rispetto ad un altro“, afferma Celotto. Infatti è la legge che indica nello specifico che il seggio assegnato sarà quello che ha ottenuto il minor numero di voti tra quelli risultati vincenti. Una volta assegnato il numero di seggi spettante a ciascuna lista, quindi, i candidati saranno eletti secondo l’ordine di collocazione nel listino plurinominale, dal primo in giù (i nomi sono al massimo quattro). Per questo, di fatto, a scegliere chi andrà in Parlamento sono le segreterie dei partiti: ambitissime le posizioni da capolista (gli unici ad avere la certezza o almeno l’alta probabilità di passare), i secondi posti sono appetibili soltanto per le liste più forti, mentre i terzi “scatteranno” solo in pochissimi casi.
Non è possibile attuare con il Rosatellum la cosiddetta “desistenza“, che avveniva con il voto disgiunto, e che avviene ad esempio nel sistema elettorale uninominale puro inglese, dove le liste minori preferiscono non presentarsi in circoscrizioni “deboli” e far votare chi ha più possibilità di vincere con alleanze informali. “Fare un voto disgiunto significava dare un voto al candidato all’uninominale e ad un partito non collegato con quelli di quel candidato, invece ora è il voto da dare è unico, cioè si può votare unitariamente. “C’è da dire – continua il professore – che ancora dobbiamo realmente capire quali risultati porti davvero questa legge elettorale perché nella scorsa legislatura abbiuamo visto la formazione di tre governi, tutti e tre molto fragili e ondìvaghi”.
Meno parlamentari significa meno democrazia?
“Io sono tra coloro che avevano detto di non tagliare i parlamentari, secondo me è stata una scelta impusliva e non ben meditata. Perché l‘Italia necessita di un 20% in più di Parlamentari rispetto altri Paesi dato che è una nazione divisa, pluralista e differenziata, che ha bisogno di avere una rappresentanza piena. Ormai è inutile guardare indietro, ora questi ci sono e vediamo come funzionerà. Chiaro che nella formazione delle liste, con il poco preavviso che c’è stato, i partiti hanno preferito inserire nomi esistenti e conosciuti rispetto a forze nuove. Ma questo è un effetto naturale”.
In molti anche in questi giorni tornano a parlare di incostituzionalità del Rosatellum: è così? “La cosa strana e particolare della combinazione di questi due modelli, maggioritario e proporzionale, tu sai già i nomi di 100 deputati e una 50ina di senatori perché non avendo preferenze nel proporzionale. tutti i capolista di Roma, Milano, Napoli ecc del proporzionale è praticamente sicuro che verranno eletti. Però non è un modello incostituzionale perché tiene le preferenze all’uninominale, è un sistema che può sembrare inopportuno perché rimette la scelta ai partiti e non ai cittadini. Benché anche questa mi sembra una critica sterile perché il sistema elettorale perfetto non esiste, qualsiasi sistema elettorale ha pro e contro, besti pensare che le vecchie preferenze sono state tanto bistrattate”.
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