Educazione sessuale e affettiva a scuola, la sessuologa Simonelli: “Senza fondi lasciamo giovani in balia della pornografia”

“Spostare i fondi sulla formazione dei docenti per la fertilità significa disattendere le richieste della società civile”

Un fondo di 500 mila euro per l’educazione sessuale nelle scuole è diventato il centro di una polemica che riflette le profonde divergenze ideologiche del nostro Paese. La decisione di destinare queste già poche risorse alla formazione degli insegnanti sulla fertilità, anziché a corsi diretti per gli studenti, ha acceso il dibattito sull’importanza e il ruolo dell’educazione sessuale. Le linee guida dell’Oms e dell’Unesco evidenziano un aspetto spesso trascurato: la centralità della famiglia in questo processo, sottolineando che non possa essere esclusivita della scuola tale responsabilità. La famiglia è il primo luogo in cui i bambini apprendono i valori, sviluppano la loro identità e imparano a relazionarsi con gli altri. Questo ruolo non si limita a fornire norme di comportamento, ma include il compito fondamentale di offrire ai giovani un ambiente sicuro in cui possano esplorare le proprie emozioni, porre domande e ricevere risposte adeguate.

Che cos’è l’educazione sessuale?

La scuola, però, fornisce un complemento indispensabile, con contenuti scientifici e metodologie educative pensate per affrontare i temi in modo sistematico e appropriato all’età. Quando famiglia e scuola collaborano, il risultato è un percorso educativo che non solo informa, ma forma i ragazzi, aiutandoli a diventare individui consapevoli e rispettosi. Facendo un passo indietro è il caso di chiedersi cosa sia l’educazione sessuale. “Un processo continuo che mira a dare delle conoscenze e che si rivolge alla parte cognitiva del bambino, ragazzo o adulto – spiega a Corriereuniv.it la prof.ssa Chiara Simonelli, psicologa e sessuologa, insegna Clinica dello Sviluppo Sessuale all’Università di Roma La Sapienza e già presidente dell’European Federation of Sexology, ha scritto ‘Manuale di psicologia dello sviluppo psicoaffettivo e sessuale’ uscito per Erickson -. “Il termine affettivo si potrebbe sostituire con relazionale o psichico-sociale. In questo modello si va verso una sessualità positiva, cioè una visione non terrorizzante, anche con competenze relazionali. Questo può aiutare un ragazzo o unaragazza a gestire situazioni che possono risultare problematiche come ad esempio un ragazzo che non vuole indossare il profilattico. Evitare gravidanze indesiderate, malattie trasmissibili e abbattere barriere e stereotipi. Anche dal punto di vista del gestire le emozioni come gelosia o rabbia”.

Come avviene l’insegnamento in Europa e negli USA

In Italia la prima legge sull’educazione sessuale venne presentata in Parlamento nel 1902 e i motivi erano strettamente sanitari: era in atto un’epidemia di sifilide. E non passò. Fu poi ripresentata in un periodo di picco dell’epidemiada HIV. “In Europa ci sono differenze tra paesi e paesi – sottolinea la professoressa -. I primi ad introdurre l’insegnamento dell’educazione sessuale a scuola sono stati i Paesi Scandinavi, la Svezia per prima nel 1955. Oggi quasi tutti i pesi europei hanno programmi simili, perfino quelli più vicini a livello economicio e sociale all’Italia, come in Spagna e Portogallo”. Nel continente l’insegnamento è integrato in un più ampio con un sistema improntato alla valorizzazione della criscita demografica con ambienti, sia pubblici che privati, totalmente al servizio della crescita dei più piccoli.

A differenza di quanto è emerso per gli Stati Uniti, in Europa l’educazione sessuale è in primo luogo rivolta alla crescita personale. Nell’Europa occidentale la sessualità non è percepita principalmente come un problema o un pericolo, bensì come una preziosa fonte di arricchimento per la persona. “Negli Usa i programmi sono stati finanziati negli anni con cifre da capogiro con attinenza sulle gravidanze indesiderate sulle giovanissime. Con risultati devastanti di soldi buttati – afferma Simonelli -. Il loro è un modo dipensare orientato al pragmatismo che nel mondo europeo non c’è perché da noi le life skills e le motivazioni hanno il sopravvento”. Alcuni piani regionali di prevenzione contengono obiettivi che fanno pensare ad un tipo di educazione sessuale olistica e prevedono interventi e contenuti da proporre già nella scuola primaria. Una proposta negli anni scorsi venne fatta dalla Provincia Autonoma di Bolzano che, con il progetto “Educazione socio affettiva e sessuale” per classi quinte della scuola primaria e terze della secondaria di primo grado sembra molto in linea con gli obiettivi dell’OMS. 

Simonelli: “Stiamo lasciando i giovani in balia della pornografica gratuita”

Le linee guida evidenziano l’importanza di iniziare i programmi fin dalle scuole primarie e per far questo servono anche educatori specializzati. “Vanno formati, devono avere una buona comunicazione, sapere i propri limiti e stereotipi”, afferma Simonelli. Manca la volontà politica di attuare una efficace legislazione nazionale che sia seguita da adeguati fondi. “Negli anni è diventata sempre più obsoleta la posizione, come quella dell’attuale governo, di spostare i fondi dall’educazione sessuale e affettiva alla formazione dei docenti sul tema della fertilità – dichiara Simonelli -. Vengono così disattese tutte le richieste che ci sono e che un paese civile come il nostro dovrebbe accogliere. Basti pensare al fatto che i giovani vengono inondati da pornografia gratuita sui social e nel web. Li stiamo lasciando alla pornografia, anche i maschi traggono una mortificazione per i loro organi sessuali in confronto con la finzione cinematografica”.

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