Docente arrestata a Castellammare di Stabia: nel cellulare 17mila foto porno

Emergono nuovi particolari sulla 37enne prof di sostegno in carcere con l’accusa di violenza sessuale su minori.

Nel suo cellulare c’erano nascosti più di 17mila immagini e video porno: è quanto emerso dall’indagine che ha portato all’arresto della professoressa di sostegno della scuola “Castello-Salvati” di Castellammare di Stabia con l’accusa di violenza sessuale su minori. La docente, di 37 anni, viene descritta dagli investigatori come una “donna incapace di frenare i suoi istinti” che erano sfociati in un’attenzione a dir poco morbosa nei confronti di alcuni studenti della scuola campana.

Le chiamate agli studenti

Secondo quanto ricostruito da chi ha avuto accesso al suo smartphone le ultime dieci chiamate (sia audio che video) fatte dalla donna prima dell’arresto sono state proprio con tre dei sette minorenni coinvolti nella vicenda. I carabinieri hanno poi verificato che le ultime dieci ricerche effettuate dalla donna erano attinenti a contenuti pornografici e, soprattutto, delle 17.641 immagini recuperate nel cellulare, la maggior parte era di contenuto pornografico.

I richiami di un’altra docente

Anche se il caso balzò agli onori delle cronache solo dopo che ci fu una violenta aggressione da parte delle mamme di alcuni studenti nei confronti della docente, a novembre del 2024, sembra che all’interno della scuola le voci sulle sue “attenzioni” particolari rimbalzassero da tempo. Come riferisce il Corriere del Mezzogiorno, anche un’altra docente si era accorta che qualcosa non andava nel rapporto che l’insegnante di sostegno aveva con alcuni ragazzi. Tanto che tra le due insegnanti ci sarebbero state delle discussioni.

Metodi non autorizzati

La docente sospettosa accusava la collega di sostegno di avere rapporti “troppo amicali”, affermando che avrebbe anche suggerito risposte ad alcuni ragazzi durante i compiti in classe. All’insegnante arrestata, in realtà, era stato assegnato un solo alunno e il compito della donna era quello di farlo inserire nella classe. Ma la prof avrebbe utilizzato uno strumento previsto dall’ordinamento scolastico, chiamato “classe a piccoli gruppi” che però, a quanto risulta, non sarebbe stato autorizzato dalla scuola.

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