Contratto di ricerca, Verducci (PD): “Guai cancellare un diritto conquistato. Chiederemo 200 milioni l’anno in legge di Bilancio”

La Ministra Bernini: “Numero chiuso non potrà rimanere cos’ com’è ma ad aprire tutto si rischia di danneggiare studenti”. Crisanti e Catteno sui fondi del Pnrr: “Assegnati senza tener conto della competitività”

Fondi del Pnrr alla ricerca, riforma della figura del ricercatore e numero chiuso. Sono i temi principali affrontati nel primo incontro ufficiale tra la Ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, e i parlamentari, tenutosi martedì 22 novembre nella Commissione VII Cultura riunita. sia Camera che Senato. “Sul contratto di ricerca io non sono d’accordo su come è stato fatto. Così com’è non può essere applicato quindi intanto proroghiamo l’esistente, poi vediamo”. Sono queste parole che hanno fatto infiammare i ricercatori dell’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia (ADI) che hanno condannato l’intenzione della ministra di non applicare il dl 36 contenente una riforma dell’università sul pre-ruolo e su un contratto di ricerca che avrebbe sostituito gli attuali assegni di ricerca senza tutele. Ma durante l’audizione sono sorte altre problematiche: ad esempio la poca trasparenza in merito all’assegnazione sui fondi pnrr ai nuovi enti di ricerca denuciata dal virologo Andrea Crisanti e dalla senatrice Elena Cattaneo. Ed anche un’apertura sul numero chiuso della Minisra.

Verducci (Pd): “Guia a cancellare un diritto conquistato”

“Il contratto di ricerca è stata una conquista fondamentale, frutto di molte battaglie innanzitutto dei ricercatori che giustamente hanno sempre visto nell’assegno di ricerca il grimaldello di precarizzazione dell’intero sistema – dichiara a Corriereuniv.it il senatore Francesco Verducci, relatore del testo di riforma del reclutamento nell’Università della scorsa legislatura, poi confluito come emendamento al dl. 36 approvato dal governo Draghi – . Con il mio emendamento (frutto del lavoro con l’allora Ministra Messa) venne cancellato l’assegno e introdotto il contratto di ricerca: un incremento ingente di stipendio (1700 euro contro i precedenti 1400) ma soprattutto un contratto di lavoro subordinato con tutte le tutele, che toglie il ricercatore dal precariato e dalla mercè del notabilato universitario. Cancellare il contratto significherebbe un gravissimo ritorno indietro, la cancellazione della conquista di un diritto che conferisce dignità e valore al lavoro del ricercatore“.

Il senatore del Pd sottolinea come il tema principale sarebbe un altro: il finaziamento in legge di Bilancio che dovrebbe sostenere la struttura di riforma. “Il tema vero è aumentare le risorse e superare l’iniqua clausola di invarianza finanziaria che venne imposta dalla ragioneria. Noi diciamo: la riforma va finanziata! Guai abolirla, guai cancellare un diritto conquistato, guai tornare indietro. Chiederemo in legge di bilancio 200milioni l’anno per finanziare una riforma che è una conquista fondamentale, e che è (lo ricordo) prevista dalle missioni del Pnrr”.

ANDU: “Contro il precariato bando straordinario di 45mila posti di ruolo”

“Il contratto di ricerca è precariato come gli assegni di ricerca, le borse, i contratti di insegnamento. E come gli assegni e tutto il resto è alla mercé dei singoli baroni per modalità di reclutamento, mansioni, etc. Non è una figutra per-ruolo docente – dichiara a Corriereuniv.it il prof. Nunzio Miraglia, dell’Associazione Nazionale Docenti Universitari (ANDU) -. Come ha osservato in Commissione la senatrice Cattaneo è, come le altre, una figura ‘fine a se stessa’, mentre ci vorrebbe una vera figura finalizzata alla docenza di ruolo”.

Il contratto di ricerca, infatti, com’è stato scritto nella norma approvata, non è definito a livello nazionale e in modo omogeno, nonostante gli importanti miglioramenti contrattuali di retribuzione (fino a 1600 netti), benché siano ancora molto sotto la soglia delle retribuzioni internazionali ed europee, non ha compiti definiti a livello nazionale e può durare fino a 5 anni. Inoltre il numero di contratti non sarà supportato agli sbocchi di ruolo, convivendo con figure molto più appetibili per gli atenei come borse di ricerca, contratti di insegnamento, e con tanti ricercatori di tipo A che rimarranno in circolo nel sistema accademico per almeno un triennio. Insomma ha una figura costosa per le università e che se non verrà finanziata a dovere in legge di Bilancio tenderà a rimanere poco usata nelle nostra università.

E questo viene evidenziato proprio dalla senatrice Elena Cattaneo in Commissione. “Riguardo il contratto di ricerca le preoccupazione è che per com’è stato definito nel decreto 36 è un contratto poco appetibile perché perfino la legge afferma che è utile all’ingresso nella pubblica amministrazione ma non nell’università. E sembra paradossale che si incardini presso l’università una figura che l’università stessa non può valorizzare, perché in realtà questo contratto di ricerca non è utile in tal senso, viene anche impedito al contrattista di partecipare come tutor ai laboratori didattici o alle commissioni di esami, che possono servire nei concorsi per il percorso accademico del ricercatore all’interno del sistema accademico. Senza contare – continua la senatrice e ricercatrice – che i 1600 euro netti sono assolutamente inadeguati per attrarre ricercatori stranieri in Italia che sono abituati a stipendi di molto superiori. E aggiunge che con il costo di questo contratto rispetto l’assegno di ricerca, non corriamo il rischio di perdere ricercatori. La preoccupazione che sento nelle università è che il neo dottorato si troverebbe di fronte un buco nero perchè come dice la legge “a risorse invariate” se il costo è aumentato ci sono meno posizioni a meno che non venga rifinanziato”.

L’ANDU propone un “bando straordinario immediato, su fondi nazionali e oltre al normale turnover, di almeno 45.000  posti di ruolo in 4-5 anni e la proroga, a domanda e su fondi nazionali, di tutti gli attuali precari fino all’espletamento dei concorsi. Questo è l’unico modo per recuperare i posti di ruolo persi in oltre un decennio e per dare un credibile sbocco a buona parte degli oltre 60.000 attuali precari, altrimenti destinati, come sempre, all’espulsione dall’università (oltre il 90%) dopo avere sostenuto per anni e anni il maggior peso della didattica e della ricerca: usa e getta. La cancellazione di tutte le attuali figure precarie (assegni, borse, contratti di insegnamento, etc.) e l’introduzione di una sola figura pre-ruolo di durata triennale, in numero rapportato agli sbocchi in ruolo, con piena autonomia (anche finanziaria) di ricerca, con mansione, retribuzione, diritti e rappresentanza adeguati, definiti nazionalmente per legge (uguali in tutti gli atenei); la definizione a livello nazionale della figura pre-ruolo in tutti i suoi aspetti; la previsione di concorsi nazionali per accedere alla figura pre-ruolo, con l’abolizione dell’ASN (abilitazione nazionale scientifica ndr.).

Crisanti denuncia: “Fondi del Pnrr assegnati senza tener conto della competitività”

In commissione il virologo eletto nelle fila del Pd, Andrea Crisanti, ha evidenziato la cooptazione avvenuta nella spartizione dei fondi da parte della Crui: “Uno su cinque dei nostri dottrandi vanno all’estero per opportunità e gli stranieri non vengono in Italia perchè non ci sono possibilità di farsi strada attraverso il merito nel sistema accademico italiano. Tantissimi dei fondi del Pnrr, che verranno ergoati nei prossimi due anni, non sono stati assegnati per competitività. Lei sa benissimo che i centri di ricerca sono stati concordati con i rettori universitari (la Crui ndr.) e se ne sono presentitati solo uno per argomento e più o meno la stessa cosa è avvenuta per i partenariati. Noi abbiamo creato delle strutture autoreferenziali che sono a mio avviso degli ostacoli per ulteriore inserimento di ricercatori, che poi sottraggono quei pochi investimenti dati alla ricerca. Questi centri poi dovranno dimostrare di aver prodotto qualcosa, altrimenti poi perpetuarli è un danno”.

“Se esiste una patologia prof. Crisanti parliamone e evidenziamola – ha risposta la Ministra al virologo -. Perché io immagino che lei abbia da dire più di quello che ha detto e più nello specifico. Io sono d’accordo con l’onorevole Cattaneo, che le ha dato ragione in merito. Quindi parliamone insieme”. La Ministra ha poi promesso ai parlamentari di battersi per maggiori fondi all’Università in legge di Bilancio, durante l’iter parlamentare che si è avviato dopo la presentazione del disegno di legge del Governo.

Numero chiuso, Bernini: “Soluzione compatibile con principio di realtà e diritti allo studio”

Sul numero chiuso la Ministra ha affermato: “Sia maggioranza che opposizione nei programmi avevano tutti un’apertura rispetto al numero chiuso. Fermo restando che la Crui non è d’accordo e che c’è sempre il “problema” dell’autonomia universitaria, non sono io il giudice ultimo ma mi domando se esista in questo momento una uniformità di strutture in grado di offrire un servizio uguale per tutti, parlo proprio di risorse umane, strutture accademiche, aule ecc. Anche io credo che il numero chiuso sia complicato da mantenere in questi temrini, ma da chiuso chiuso ad aperto aperto, rischiamo di passare da una patologia all’altra. Dobbiamo valutarlo insieme. Una soluzione che si compatibile con il principio di realtà e del diritto allo studio da parte degli studenti, altrimenti si andrà contro i loro diritti.

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