Che cos’è il “quiet quitting” e perché preoccupa le aziende

Nato la scorsa estate da un hashtag lanciato su Tik Tok da un ingegnere ventenne di New York, raggiunse in pochi giorni milioni di utenti

Letteralmente significa “abbandono silenzioso” e come il “great resignation”, durante l’epoca covid, cioè il non voler accettare lavoro sottomansionati e sottostipendiati, il “quiet quitting” è diventato un fenomeno che rischia di avere un impatto molto concreto sui processi aziendali perché riflette la scelta di eseguire il minimo indispensabile nel rigoroso rispetto delle proprie mansioni e del proprio orario di lavoro.

Viene cioè meno la predisposizione a dedicare completamente le proprie capacità (e il proprio tempo) alla mission dell’azienda e ad essere propositivi e partecipativi rispetto ai nuovi progetti, riducendo (anche in modo drastico) la disponibilità ad aderire ai valori aziendali. Da tendenza social, il fenomeno ha così assunto le forme dell’antidoto per curare lo stress e il burnout da troppo lavoro “imponendo” un nuovo modello: fare lo stretto necessario, non dare troppa importanza ai problemi dell’ufficio ed eleggere a priorità un miglior equilibrio nella propria vita privata.

Dove nasce il quiet quitting

Tutto nasce la scorsa estate, quando l’hashtag “#quietquitting” lanciato su Tik Tok da un ingegnere ventenne di New York (Zaid Khan) raggiunge in pochi giorni nove milioni di visualizzazioni a colpi di “like” che ne condividono le modalità di applicazione e le motivazioni. L’essenza di questo concetto sta nell’imparare a lasciar correre, a non sovraccaricare, perché dopo due anni a dir poco faticosi (fra pandemia, guerra, crisi energetica) la cultura del lavoro e del sacrificio a tutti i costi sembra non avere più l’appeal di un tempo.

Almeno per una buona fetta di lavoratori e quelli più giovani in particolare, i più reattivi e veloci a sposare una linea di pensiero che vuole ridimensionare e correggere l’idea che la professione e la carriera definiscano il valore personale. Nell’idea del quiet quitting il superlavoro viene dunque bandito, riflettendo l’insoddisfazione dei tanti che nella propria posizione lavorativa non vedono più dinamiche di crescita e non sono più disposti ad accettare condizioni penalizzati in termini di impegno e di retribuzione.

L’era post Covid

In uno scenario già profondamente cambiato con l’adozione su larga scala dello smart working, un modello a cui molti non vogliono più rinunciare, il fenomeno dell’abbandono silenzioso conosce una sorta di nuova vita (la ricerca di una situazione di comodo galleggiamento in azienda e in ufficio è sempre esistita, sotto diverse forme) e attecchisce nella percezione di chi, specialmente nel post Covid, dedica maggiore attenzione al benessere personale.

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