Bianchi liquida i sindacati: “I supplenti in classe? Sono solo il 5%. Non c’è nessuna emergenza”

Il ministro dell’Istruzione smentisce i numeri forniti nei giorni scorsi dai sindacati sulla presenza di almeno 150 supplenti nei primi giorni del nuovo anno scolastico. “Era una provocazione. Oggi abbiamo 40-44mila supplenti ossia il 5% del totale”.

I supplenti a scuola? Sono solo il 5% del totale: parola del ministro Patrizio Bianchi. Continua lo scontro sulle cattedre all’inizio dell’anno scolastico che è ripartito oggi in molte regioni italiane. Se da un lato nei giorni scorsi i sindacati avevano sollevato il caso delle supplenze sostenendo che a causa della mancata conclusione di tutti i concorsi per l’assunzione di nuovo personale, i posti scoperti avevano ancora numeri da capogiro: almeno 150mila.

Una situazione totalmente smentita dal ministro dell’Istruzione: “Credo che i sindacati abbiano lanciato una provocazione per riportare la scuola al centro dell’attenzione. Ma noi abbiamo lavorato per fare le supplenze prima del primo settembre, non dopo come si faceva un tempo – ha spiegato Patrizio Bianchi questa mattina a RaiNews24 rispondendo a una domanda sull’ incognita cattedre di cui si è parlato nelle ultime settimane – Non c’è nessun balletto delle supplenze. Abbiamo 801mila insegnanti e di questi 91mila sono insegnati di sostegno in deroga, ossia insegnanti che sostengono i bambini in difficoltà e si chiamano ‘in deroga’ perché devono essere fatti anno per anno. Poi abbiamo un tema di 25mila insegnanti che stanno concludendo il concorso. Noi abbiamo fatto 7 concorsi in un anno e mezzo, abbiamo assunto 61mila insegnanti l’anno scorso, 50mila più 25mila li assumeremo entro fine anno e poi l’impegno con l’Europa è di assumerne altri 70mila per l’anno prossimo”.

Ecco perché i numeri forniti nei giorni scorsi dai sindacati per Bianchi non corrispondono alla realtà dei fatti. “Non c’è un problema di cattedre – ha ribadito Bianchi- ci sono 40-44mila supplenti ossia il 5% del totale, sono insegnanti che coprono quelle naturali e necessarie situazioni di chi è in malattia, maternità o svolge altra attività politica e sindacale. La via maestra è fare i concorsi e continuare in questo lavoro che abbiamo fatto ossia di riportare l’idea che per entrare nel pubblico impiego serve il concorso” ha concluso il ministro.

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