Aumentano le tasse universitarie: +7% rispetto al 2011

La spesa per le famiglie aumenta, mentre gli atenei ricevono sempre meno fondi dallo Stato. Studiare al Nord costa di più. Parma è l’università più costosa d’Italia

La crisi si fa sentire e a farne le spese è anche l’istruzione. I rettori protestano, i fondi sono pochi e le università devono aumentare le tasse. “Il sistema universitario italiano sta ormai precipitando in una crisi irreversibile tale da minare l’immagine internazionale del paese e le sue prospettive di sviluppo“, hanno sentenziato i Rettori durante l’assemblea generale della Crui, la Conferenze dei Rettori delle Università Italiane.

Secondo il terzo rapporto annuale sui costi degli atenei italiani di Federconsumatori, in Italia le tasse universitarie sono aumentate in media del 7% rispetto allo scorso anno (pari a circa 70,68 euro) e più colpiti sono gli studenti inclusi nelle fasce di reddito più basse. Per chi è in prima fascia, l’aumento medio è stato dell’11,3%, mentre per gli studenti della seconda fascia i costi sono saliti del 10 per cento. Rincari minori per chi è terza e quarta fascia, riservati ai redditi più alti: per loro l’aumento è rispettivamente del 2,8 per cento e dell’1,1 per cento.

Aumenti che certamente non favoriscono la formazione dei giovani e che dimostrano la scarsa volontà di investire nel futuro del nostro Paese, già testimoniata dalla grave carenza di risorse per la ricerca e l’innovazione“, osserva Federconsumatori.

Come già evidenziato nei due rapporti precedenti, le Università del Nord costano sono in media le più care d’Italia. Studiare al Nord costa l’8,40 per cento in più, se si prende in considerazione la fascia più bassa, e 30,42 per cento in più per i redditi maggiori. L’Università di Parma si conferma, ancora una volta, come la più cara d’Italia: i suoi studenti pagano tasse minime annuali di 931,92 euro per le facoltà umanistiche e 1047,74 per quelle scientifiche.

Nell’analisi, scrive Federconsumatori, non si può non tener conto delle grave incidenza dell’evasione fiscale, visto che il calcolo delle tasse universitarie si basa sulla dichiarazione dei redditi. Cresce infatti il numero degli studenti che rientrano nelle fasce più basse, provocando così una diminuzione delle risorse da distribuire e penalizzando coloro che hanno davvero bisogno dell’istruzione pubblica.

Secondo l’associazione, “sono infatti numerose le famiglie monoreddito di lavoratori autonomi – dai gioiellieri ai ristoratori – che rientrano nella seconda fascia ISEE/ISEEU considerata (reddito fino a 10.000 Euro) e che quindi pagano contributi relativamente bassi”.

In questo modo il figlio di un operaio specializzato finisce per pagare imposte superiori a quelle che vengono richieste al figlio di un orafo o di un pellicciaio”, dichiara Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori.

Chiara Cecchini

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