Con l’inizio del nuovo anno scolastico, torna puntuale il dibattito sugli outfit “impropri” in classe. Gonne troppo corte, addomi scoperti, cappelli, unghie finte, zeppe e jeans strappati finiscono nel mirino dei presidi, che quest’anno hanno scelto di agire non solo con circolari ma anche con veri e propri depliant illustrativi.
È il caso della preside di un istituto superiore di Taormina, in provincia di Messina, che ha fatto stampare e distribuire una guida dettagliata con l’elenco degli abiti permessi e di quelli vietati, pena il rimando a casa.
“Più che di dress code, parlerei di decoro. La scuola è un luogo sacro che va rispettato, così come non ci si presenterebbe a un matrimonio o a un funerale in abiti inadeguati”, ha dichiarato Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale presidi di Roma.
Non tutti, però, condividono questa linea. Secondo DirigentiScuola, i regolamenti dovrebbero essere discussi con tutte le componenti scolastiche. Il Codacons critica duramente queste disposizioni, ritenendole un modo per complicare la vita degli studenti e limitare la loro libertà.
Un sondaggio di Skuola.net su 3.000 ragazzi conferma quanto il tema sia sentito: 3 studenti su 10 devono stare attenti ogni mattina a come vestirsi per non rischiare sanzioni, il 55% viene invitato a rispettare un abbigliamento “adeguato”, mentre solo 1 su 5 ha libertà totale di scelta.
Le restrizioni colpiscono soprattutto le ragazze: vietati top e canotte troppo scollati o corti, gonne e pantaloni ridotti, jeans strappati. Ma non mancano i divieti generici contro outfit “sgarbati” o che possano “distrarre”.
Gli istituti pongono limiti anche su accessori e aspetto: unghie finte, trucchi vistosi, piercing multipli, capelli troppo colorati o lunghi da portare sciolti. Per i ragazzi, invece, il focus è su barbe curate e non eccentriche.
In definitiva, circa 1 scuola su 5 ha un regolamento dettagliato sul dress code.
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