In piena pandemia, gli studenti appena usciti da medicina sono stati mandati subito in prima linea, senza passare dall’esame di Stato in virtù dell’emergenza sanitaria. Adesso il ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, potrebbe estendere la misura ai futuri farmacisti, odontoiatri, veterinari e psicologi. Il disegno di legge potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri entro fine ottobre.
L’emergenza coronavirus ovviamente ha un peso notevole e la norma contenuta nel Cura Italia lo scorso marzo potrebbe adesso estendere l’automatica abilitazione professionale a chiunque si laurei in Odontoiatria, Farmacia, Veterinaria e Psicologia, non solo in Medicina. Il testo è già stato esaminato nel corso del pre-consiglio. Ma il responsabile del Miur punta a farlo arrivare sulla scrivania del Consiglio dei ministri entro la fine di ottobre.
Formalmente, non si tratta di eliminare l’esame di abilitazione professionale, dato che è previsto dalla Costituzione. Bensì, di farlo coincidere con l’esame di laurea. Quindi le commissioni dovranno essere presentare, laddove necessario, anche rappresentanti dell’ordine professionale coinvolto.
Il disegno di legge è formato da cinque articoli. Il suo obiettivo è “attuare un intervento di semplificazione delle modalità di accesso all’esercizio delle professioni regolamentate”, per consentire una più “diretta, immediata ed efficace collocazione dei giovani nel mondo del lavoro“, recita il testo.
Il primo articolo disciplina il tirocinio: si svolgerà durante i corsi di studio, divenendone parte integrante. Prevederà lo svolgimento di attività formative di natura professionalizzante, che saranno declinate dalle singole classi di laurea. Ma la riforma non riguarderà solo le professioni sanitarie.
Il suo secondo step, infatti, riguarderà le lauree professionalizzanti nelle materie tecniche, istituite con decreto ad agosto: geometra, agrotecnico, perito agrario e perito industriale i cui primi laureati, dunque, non si avranno prima di tre anni. Ma se il ddl vedrà la luce, questo percorso potrebbe riguardare altri corsi di laurea.
Lo lascia intendere l’articolo quattro della legge, una norma aperta che stabilisce un iter procedurale che potrebbe coinvolgere una platea molto più ampia. Si prevede infatti che “la procedura sia attivata su richiesta dei consigli o degli organi nazionali degli ordini o dei collegi professionali, o delle relative federazioni” e quindi non dal ministero.