5mila lauree per il lavoro di domani: ingegneria, medicina, biotech

La didattica sarà “blended”, almeno nel primo semestre: lezioni in presenza alternate ad attività a distanza con l’utilizzo mirato di strumenti tecnologici e di piattaforme digitali. In alcuni casi per accedere agli spazi universitari bisognerà prenotarsi, anche attraverso apposite app. In diversi atenei, poi, per partecipare a esami, sedute di laurea e laboratori sarà necessario dividere gli studenti in piccoli gruppi. «Entro il 14 settembre – ha comunque promesso Gaetano Manfredi, ministro dell’Università e della Ricerca – tutte le università riprenderanno le lezioni in presenza».

Dovrebbe ripartire così – con l’avvio dell’anno accademico 2020/21 – l’università dopo il coronavirus. All’orizzonte il possibile calo delle matricole che secondo uno studio Svimez potrebbero ridursi di circa 9.500 rispetto allo scorso anno: 6.300 in meno nel Mezzogiorno e 3.200 in meno al Centro Nord, come effetto del calo dei redditi delle famiglie causato dalla crisi prodotta dalla pandemia. Un fenomeno da scongiurare in un Paese che già si trova da molto tempo agli ultimi posti in Europa per numero di laureati e che nell’arco di 15 anni ha perso 37mila matricole, nonostante il recupero degli ultimi anni.

«Le incertezze per i prossimi mesi pesano sulle scelte che gli studenti stanno per compiere – ha affermato Manfredi nell’intervista a Corriereuniv -. Mi sento però di rincuorare e incoraggiare i ragazzi e le loro famiglie. In questi ultimi mesi il sistema universitario italiano ha erogato sostanzialmente le stesse ore di formazione dello scorso anno e non sono stati ritardati esami e lauree».

Per scongiurare il pericolo di un calo degli iscritti – grazie anche all’iniezione di risorse prevista dal decreto Rilancio – ci saranno più studenti esonerati dalle rette e saranno disponibili più borse di studio (anche se la copertura resta ancora bassa rispetto alla media Ue). E soprattutto ci sarà un ventaglio di proposte più ampio: circa 200 lauree in più, portando l’offerta didattica totale a sfiorare il record di 5mila corsi. Le novità si concentrano su ingegneria, biotecnologie e medicina. Attenzione particolare per le matricole, con molti atenei che garantiranno agli studenti del primo anno una maggior quota di lezioni e laboratori in presenza.

Anche se il coronavirus, come certificato da AlmaLaurea, ha ridotto le chance occupazionali dei laureati, un punto resta comunque fermo: all’aumentare del livello del titolo di studio cala il rischio di restare intrappolati nell’area della disoccupazione. «Perché i laureati sanno reagire meglio ai mutamenti del mercato del lavoro – spiegano da AlmaLaurea – con strumenti culturali e professionali più adeguati». Se in generale i giovani italiani faticano a trovare lavoro, nel 2020 il tasso di occupazione è tra gli under 30 pari al 50% per chi possiede almeno una laurea mentre scende al 39,8% per i diplomati. Nella fascia 15-64 anni la forbice si allarga: 79,1% contro 64,6%.

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