Dpcm, scuole chiuse in zona rossa. Azzolina: “Scorciatoia”

Secondo il repporto del ISS incidenza dei contagi tra i bambini e i ragazzi con meno di vent’anni segue le aperture della scuola

Si torna indietro, con il nuovo Dpcm chiude la scuola. A far cambiare linea al Cts, che negli ultimi mesi si era espresso a favore del ritorno in classe, è stato il rapporto dell’Istituto superiore di Sanità “Focus età evolutiva” che ha monitorato i casi tra i più giovani dal 24 agosto 2020 al 24 febbraio. È con questi dati davanti agli occhi che gli esperti del ministero della Salute sabato hanno messo nero su bianco il nuovo parere che entrerà nel Dpcm in preparazione a Palazzo Chigi e che consentirà a governatori, sindaci e prefetti di chiudere le scuole (anche materne ed elementari) nelle zone rosse e di ritagliare misure restrittive anche nelle zone più a rischio delle regioni in arancione e giallo.

Il rapporto dell’Iss mostra che il picco di contagi tra i ragazzi resta quello di novembre che aveva costretto alla chiusura delle superiori dopo neppure un mese e mezzo in classe. Ma dall’8 febbraio i casi nella fascia di età 10-19 anni hanno una maggiore incidenza su 100 mila abitanti degli altri, in parte anche grazie alla diminuzione dei casi tra gli anziani come effetto dei primi vaccini. E dall’11 gennaio, cioè da quando si è tornati in classe dopo la vacanze di Natale, sono in rialzo i casi nella fascia dei più piccoli (0-9 anni).

L’incidenza dei contagi tra i bambini e i ragazzi con meno di vent’anni segue plasticamente le aperture e chiusure delle scuole. Va detto che il rapporto certifica che i casi tra i più giovani siano tutti praticamente non gravi, asintomatici o paucisintomatici. I decessi nella popolazione sotto i 20 anni riferibili al Covid, tra settembre e gennaio, sono stati 14: a novembre in ospedale c’erano 1.006 bambini e ragazzi (0-19 anni), oggi meno della metà (470), di cui 21 in terapia intensiva (a novembre erano 53). Ma questa volta gli esperti del Cts vorrebbero giocare d’anticipo visti anche i rischi delle nuove varianti.

Tutto chiuso dunque nelle zone rosse: dalla materna all’Università, se il contatore dei contagi è fuori controllo, i bambini e i ragazzi dovranno stare in casa e ricorrere alla Dad. Nelle zone arancioni potrebbero cambiare i protocolli e dovrebbe valere la regola per la quale nei comuni in cui i contagi superano i 250 su 100 mila abitanti per sette giorni, si applicano le stesse misure restrittive della zona rossa. Ma su questo ieri le Regioni hanno fatto alcuni rilievi al testo del Dpcm che potrebbe essere ancora limato oggi e la soglia dei contagi potrebbe abbassarsi. Nelle zone gialle invece si continua come ora: elementari e medie aperte e superiori in aula al 50 per cento.

Qualcosa di simile al primo lockdown. In realtà succede già in Puglia, Campania, e in diversi comuni e città sparse per la Penisola: da Brescia a Bologna, da Macerata a Siena. Si calcola che quasi un terzo degli studenti potrebbe essere toccato dalle restrizioni. Una situazione che è surreale nelle scuole superiori dove oggi cominciano le prove Invalsi. Dalla settimana prossima, quando entrerà in vigore il Dpcm, tutto sarà regolato da una norma nazionale e saranno reintrodotti permessi speciali (anche retroattivi) per un genitore dei bambini fino a 14 anni, da usare in caso di chiusura delle scuole. Dura la reazione dell’ex ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che nel governo Conte si era opposta alla chiusura delle elementari a novembre: “Se non ci si organizza è molto più facile trovare la scorciatoia e la scorciatoia è chiudere le scuole. Prima di chiudere tutto, perché non abbiamo dato le mascherine Ffp2 ai docenti o non diminuiamo ulteriormente il numero degli studenti in presenza nelle zone rosse?”.

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