A febbraio in aula al 50%. Manfredi: “Disponibile a proroga dell’anno accademico se lo richiedono i rettori”

“Andare oltre l’Erasmus”, l’idea del ministro di aumentare la mobilità tra atenei europei

Manfredi in merito all’anno accademico

A partire dal mese di febbraio, cioè subito dopo la sessione invernale degli esami, gli studenti universitari di tutta Italia potranno tornare a fare lezione in ateneo. Anche se al 50% delle presenze. Lo ha chiarito durante una videoconferenza dell’Alma mater a Bologna il ministro dell’Università e della ricerca Gaetano Manfredi, spiegando che “il nuovo Dpcm consente di poter tornare secondo lo schema settembre”, cioè con la didattica mista. La premessa è che “ci sarà una valutazione con i comitati regionali perché l’Università impatta molto sul sistema dei trasporti“.

Il rientro in aula non è l’unica novità per gli studenti. Manfredi ha confermato che sul tavolo del ministero c’è anche l’ipotesi di prorogare la durata dell’attuale anno accademico, in modo tale da consentire ai docenti di svolgere più lezioni dopo mesi di didattica online. “Il Ministero è disponibile: se ci sarà una richiesta da parte della conferenza dei Rettori di operare una proroga, questo sicuramente sarà in attenzione del ministero e provvederemo di conseguenza. Credo che sarà una decisione dei prossimi giorni“, ha chiarito.

E sul recovery fund il ministro si ritiene soddisfatto: “10 miliardi per la ricerca e 3 miliardi per l’alta formazione è un’occasione straordinaria per il nostro Paese che da troppi anni è rimasto indietro rispetto gli investimenti nel mondo dell’università. C’è una grande attenzione, soprattuto per la formazione del Sud e delle aree interne che devono essere sostenute, sempre guardando alla qualità formativa, soprattutto in questo momento difficile”, ha ricordato citando l’aumento delle iscrizioni negli atenei anche in tempo di covid.

Manfredi ha poi toccato un tema che riguarda ogni anno migliaia di ragazzi, cioè il progetto Erasmus, messo in stand-by dalla pandemia. “È indubbio che l’Erasmus è mobilità fisica, chiaro che non è solo andare a seguire i corsi in un’altra università. Significa anche vivere l’esperienza di un altro Paese, di un’altra città, di un’altra comunità studentesca. Noi stiamo lavorando per fare in modo che riprenda complessivamente il programma Erasmus nella sua interezza” ma “dobbiamo andare oltre l’Erasmus”. “Oggi abbiamo uno spazio europeo della ricerca – sottolinea – Dobbiamo costruire uno spazio europeo della formazione che significa la possibilità di poter frequentare l’università muovendosi presso varie università europee“.

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