Immunologo 31enne (che andava male a scuola) a Oxford sta testando il vaccino per il covid 19

L’immunologo italiano Giacomo Gorini è nel team di Oxford che sta testando il vaccino per il covid-19: «Entro settembre sapremo se funziona»

L’immunologo italiano in cui in queste ore in tanti stanno riponendo le speranze di trovare un vaccino efficace contro il coronavirus a 16 anni era un ragazzino che non andava tanto bene a scuola. La sua vita cambia quando decide di andare a Oxford per imparare l’inglese. Lì incontra per strada una ragazza con la toga e il cappello accademico, fresca di laurea all’università. In quel momento Oxford entra nel suo destino perché si innamora di quella immagine e tenta in ogni modo di replicarla.

Giacomo Gorini, 31 anni di Rimini, racconta questo aneddoto collegato via Skype dalla sua stanza, vestito con una camicia grigia a pois, capelli tagliati corti, un filo di barba che gli restituisce una vaga somiglianza con il calciatore Leonardo Bonucci della Juventus. Ha il tono della voce dolce e pacato, con grande semplicità illustra gli studi del team del «Jenner Institute» (composto da altri 110 scienziati) di cui fanno parte anche due italiane: Arianna Marini di Piombino e Federica Cappuccini di Roma.

Hanno dato vita al ChAdOxlnCoV-19, è una speranza di vaccino. Se funziona o meno lo sapremo a settembre, agli esiti della sperimentazione che è partita giovedì su 510 volontari tra i 18 e i 55 anni. Li hanno reclutati tra la popolazione locale mettendo semplicemente un annuncio sui social network dell’università. «Addirittura ci hanno scritto ancora prima che pubblicassimo il messaggio» racconta Gorini che in questi giorni è sommerso dai messaggi.

Ricorda, in particolare, quella di Pietro, un bambino italiano di 7 anni. «Voleva contattarmi a tutti i costi perché sosteneva di aver trovato la cura contro il virus. Ho risposto subito alla mamma dicendole che se incoraggerà e continuerà a stimolare gli interessi del bambino saremo un Paese migliore. Con me è stato così».

Gorini nell’anno accademico 2011/2012 si è formato alla scuola dell’immunologo Roberto Burioni. E di lui dice: «Non è arrogante, anzi, ha un metodo comunicativo molto efficace. Le sue lezioni all’università erano magnetiche, nel sentirlo tutti esclamavamo “Questo dovrebbe andare in televisione”. Non c’è niente di male nell’essere ignoranti, lo siamo tutti. Se mi chiedete di fisica nucleare o di politica non ho niente da dire ma se una persona parte con l’idea del complotto non c’è niente che possiamo fare per fargli cambiare idea. Tutt’al più possiamo convincere quelli attorno che hanno voglia di conoscere per creare una specie di immunità di gregge contro l’ignoranza».

Lo studio che sta portando avanti parte da un adenovirus, un virus innocuo dirottato «affinché invece di essere nostro nemico sia nostro amico e consegni il dna giusto di cui abbiamo bisogno». Se a settembre arriveranno risultati confortanti («siamo fiduciosi) partirà la seconda fase della sperimentazione che coinvolgerà altri 5000 volontari ma prevede tempi lunghi per la commercializzazione di un antidoto al covid-19. «Somministreremo cinquecento dosi entro le prossime settimane. Una volta assicurati che il vaccino sia sicuro entro l’estate potrebbe partire lo studio sui cinquemila volontari per ottenere segnali di efficacia. Anche se andasse male la sperimentazione non bisogna disperare – conforta Gorini -. Nel mondo ci sono tanti altri ricercatori che si sono messi al lavoro, se non lo troveremo noi lo faranno altri. Per quanto ci riguarda a settembre puntiamo ad avere già i risultati dello studio sulle cinquemila persone. Quello che è importante ora è non perdere la fiducia, cerchiamo di lavorare amorevolmente su quello che può essere migliorato tenendo presente quello che dice un poeta inglese e cioè che il bambino è il padre dell’uomo.Per settembre puntiamo ad avere già i risultati dello studio sulle cinquemila persone. Somministreremo cinquecento dosi entro le prossime settimane. Una volta assicurati che il vaccino sia sicuro entro l’estate potrebbe partire lo studio sui cinquemila volontari per ottenere segnali di efficacia».

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