L’ALLARME – I professori universitari calano drasticamente: “Siamo al collasso”

professori universitari

Il numero dei professori universitari in Italia peggiora di anno in anno, siamo al collasso. Negli ultimi 7 anni la riduzione dei finanziamenti, il blocco del turnover dei concorsi e l’’abbassamento dell’’età pensionabile hanno provocato un crollo verticale  del 30% dei professori ordinari e del 17% degli associati. La fascia dei ricercatori è ad esaurimento da alcuni anni. Entro il 2018 avremo perso 9.486 professori ordinari.

Il crollo supera di gran lunga la diminuzione del numero degli studenti, confermata recentemente dall’Anvur e già largamente anticipata dal rapporto Cun del 2013. ““In assenza di interventi urgenti ci si attende una ulteriore pesante contrazione del corpo docente”” afferma Andrea Lenzi, Presidente Cun.

In assenza di provvedimenti, secondo le proiezioni elaborate dal Cun, entro il 2018 i professori ordinari caleranno del 50%. Nel 2018 infatti saranno solo 9.443 a fronte dei 18.929 del 2008, anche a causa del pensionamento di 4.400 docenti. Gli associati, invece, caleranno del 27%: nel 2018 13.278, a causa di 2.552 cessazioni, a fronte dei 18.225 del 2008. Complessivamente nel 2018 ci saranno 9.463 professori universitari in meno.

Anche il personale tecnico-amministrativo, essenziale per garantire il funzionamento e l’’erogazione dei servizi agli studenti e al sistema universitario, è bloccato e registra una riduzione del 10 % dal 2018, passando da 56.366 a 50.733 unità.

Il Cun segnala inoltre che si diventa professori e ricercatori sempre più avanti con l’’età: in media si ordinari a 51 anni, associati a 44 anni e ricercatori a 37 anni. “La grave diminuzione numerica in corso, mai registrata in precedenza di queste dimensioni,  porterà fra 4 anni ad un dimezzamento dei professori ordinari e ad una contrazione fortissima delle altre fasce dei docenti, per mancanza di risorse per la progressione di carriera, tale da rendere improponibile la corretta gestione e lo sviluppo di un sistema universitario così complesso e articolato come il nostro, spingendo l’’Italia  in direzione opposta alla tendenza in atto negli altri Paesi –  sottolinea Andrea Lenzi.

““Confidiamo che l’’attenzione che il Governo Renzi sta dando al problema dell’’istruzione scolastica sia urgentemente posta con altrettanta forza al sistema di alta formazione universitario e siamo certi che, in particolare il Ministro Giannini, avvalendosi anche della sua specifica esperienza, saprà trovare, anche grazie alle analisi e proposte del Cun, gli spazi politici e le compatibilità finanziarie che consentano di reperire le risorse necessarie ad una ripresa e, a questo punto, per la sopravvivenza del sistema”” – conclude Lenzi.

La proposta del CUN è chiara: servono 6000 assunzioni per ordinari e 14.000 associati entro il 2018, 9.000 ricercatori entro il 2016 Il Cun propone che sia dato corso ad una prima tranche di 4.000 assunzioni di ordinari e 10.000 associati nel triennio 2014-2016. La seconda tranche potrebbe essere realizzata nel biennio successivo. Inoltre, entro il 2016 andrebbero reclutati almeno 9.000 ricercatori a tempo determinato.

Il modello proposto dal CUN è perfettamente compatibile con un corpo docente auto-sostenibile finanziariamente. Ciò significa che, a regime, i risparmi per le cessazioni andranno a compensare le spese per le nuove assunzioni e per gli scatti stipendiali, al netto dell’inflazione.

E’ inoltre auspicabile , continua il CUN, l’’abolizione del sistema dei ‘punti organico’ in favore di un vincolo esclusivamente budgetario sulle risorse per il personale, che obblighi le università a utilizzare le risorse liberatesi con i pensionamenti solo dopo aver effettuato l’’accantonamento preliminare delle risorse necessarie per la copertura (annua) degli incrementi stipendiali del personale in servizio (al netto dell’’inflazione); l’’anticipazione al 2015 della possibilità di utilizzare al 100% le risorse di turnover. L’’intervento proposto dal CUN avrebbe un costo a regime di soli 400 milioni di euro. Una cifra pari a circa il 6% dell’’attuale fondo di finanziamento delle università. Una cifra che costituirebbe un recupero di meno di un terzo del taglio ai finanziamenti che si è avuto dal 2008 ad oggi.

“”L’’analisi e le proposte sviluppate dal Cun hanno lo scopo di mettere in sicurezza il sistema universitario”,” conclude Lenzi “E’’ comunque per il Cun irrinunciabile e urgente anche un profondo ripensamento complessivo delle strategie nazionali in materia di reclutamento, organizzazione e finanziamento del sistema universitario se si vuole che l’Italia non resti  fuori dalle dinamiche economiche e sociali dell’Europa della conoscenza”.

 

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