PRO CONCORSO NAZIONALE – L’urlo dei giovani medici: “Italia, basta malafede. Date spazio al merito”

 

pro concorso nazionale
Un’immagine della manifestazione dei giovani medici

Sono quasi 10.000 mila tra medici e aspiranti tali. Un esercito tutto italiano, che chiede una modifica del sistema di regolamentazione d’accesso alla professione che garantisca più trasparenza e merito. E’ il Comitato Pro Concorso Nazionale, fatto da specilizzandi medici e studenti di medicina che si batte da tempo, sui social e in piazza, tramite mobilitazioni e manifestazioni, per far sentire la propria voce. Non vogliono abbandonare il Paese, non vogliono essere costretti a lasciare l’Italia. Vorrebbero regole chiare e unitarie per tutti per l’accesso alla professione: un concorso nazionale, insomma. Li abbiamo intervistati.

Quando è nato il gruppo “Pro Concorso Nazionale” e cosa chiede nello specifico?

Il Comitato Pro Concorso Nazionale nasce circa un anno e mezzo fa dalla spontanea aggregazione, soprattutto attraverso la rete, di studenti e aspiranti specializzandi consapevoli dell’urgenza di procedere ad una riforma del vigente regolamento concorsuale per l’accesso alle specializzazioni mediche. Riforma necessaria non solamente guardando a quanto avviene negli altri grandi paesi europei in cui la formazione medica specialistica è affidata al sistema universitario (Francia, Spagna, Portogallo), ed in cui esiste un concorso nazionale, ma anche e soprattutto per una realtà quotidiana che solo parzialmente traspare dagli scandali portati alla luce da inchieste giornalistiche. L’ampia discrezionalità di giudizio permessa dall’attuale regolamento, il fatto che i commissari giudicanti siano gli stessi professori che redigono le prove d’esame, e che ogni giorno osservano i candidati locali lavorare “volontariamente” nel loro reparto, rende ragione delle grottesche situazioni che troppo spesso si osservano.

 

La situazione, a quanto pare, è ancora in una fase di stallo. Avete parlato con il ministro Carrozza?

Il Ministro Carrozza si è fin dall’inizio mostrata interessata alle nostre problematiche, ha riavviato un iter che rischiava di arrestarsi dopo il cambio di governo ed ha più volte incontrato rappresentanti del Comitato per fornire aggiornamenti sulla stato dei lavori. L’ultimo colloquio lo abbiamo avuto circa due settimane fa, ci ha confermato la ferma volontà di far partire la riforma già dal prossimo concorso, e rassicurato sul fatto che il decreto attuativo stesse per essere emanato a giorni. Siamo ancora in attesa, ma molto fiduciosi che la situazione possa sbloccarsi in breve tempo.

 

Quali sono le aspettative dell’immediato futuro?

Ci aspettiamo che il decreto attuativo esca in tempi rapidi, entro la fine del mese, tuttavia le fibrillazioni che attraversano il governo non fanno certo stare tranquilli. Sappiamo bene che l’iter è incanalato sui giusti binari, ma anche che senza il Ministro Carrozza, in grado come da lei stessa dichiarato in una recente intervista di resistere a forti pressioni sulla materia, tutto potrebbe cambiare. Certa parte del mondo accademico non gradisce una riforma del regolamento concorsuale grazie alla quale a fare la selezione sarebbe finalmente la preparazione dei candidati, e non più la volontà del barone di turno. Ed in Parlamento come nei meandri del Ministero questi ultimi rischiano di avere più peso di un gruppo di ragazzi, seppur nutrito e portatore di concetti condivisibili: trasparenza, meritocrazia, oggettività.

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Una delle proteste via Twitter

 

Nel caso in cui non si andasse incontro ad un concorso nazionale, quali sarebbero le vostre mosse?

Nella malaugurata ma remota ipotesi, il Comitato sarebbe pronto alla mobilitazione, in piazza come nelle università e sui social network. Altro punto da considerare è che rimandare di un anno l’attuazione del nazionale equivale a concedere un’ultima possibilità ai baroni per infilare figliocci e protetti in specializzazione, con buona pace di chi considera se stesso come “in lista d’attesa“; se aggiungiamo il fatto che saranno stanziate un numero di borse pari a meno della metà dei partecipanti, assisteremo ovviamente ad un ultimo concorso-farsa, nel quale i nomi dei vincitori saranno noti mesi prima dello svolgimento delle prove concorsuali.

Noi proponiamo di essere un punto di riferimento per raccogliere denunce e segnalazioni, con garanzia di anonimato, da parte di tutti quei giovani medici non più disposti a tollerare questo malcostume. Una cassa di risonanza per far sì che, anche se rimanessero le vecchie regole, chi manipola il corretto svolgimento delle prove concorsuali non possa più sentirsi sicuro della propria impunità. Ricordiamo che sullo scandalo del concorso per cardiologia al Policlinico Umberto I di Roma, scatenato dalla rivelazione anticipata dei nomi di vincitori ed esclusi, sta attualmente indagando la Procura, e non è detto che questo non conduca all’annullamento del concorso stesso. Infine non è da escludere un ricorso collettivo contro un regolamento, quello da diversi anni a questa parte utilizzato, che è in palese contrasto con il decreto legge regolante la materia. L’ampia discrezionalità permessa dal primo infatti, cozza contro l’esplicita richiesta di parametri oggettivabili nella valutazione imposta dal secondo.

 

A chi attribuite la colpa del sistema- Italia (burocrazia, politica, lentezza degli uffici legislativi) ?

Di scuse in questi mesi ne abbiamo sentite molte, forse troppe: dagli intoppi burocratici fino all’esplicita opposizione da parte di chi considera questa una riforma “scomoda“. Insomma, come spesso accade in Italia, un misto di inefficienza e malafede. In tale contesto non era scontato che si riuscisse a raccogliere così ampio e motivato consenso attorno ad un’idea di meritocrazia e legalità, che avrebbe necessariamente spazzato via un mondo in cui la logica clientelare era quella vincente, e nel quale molti si trovavano a loro agio. Abbiamo la presunzione di pensare che una nuova consapevolezza sia nata dall’incontro di migliaia tra sudenti e giovani medici, che da Udine a Palermo hanno scoperto di condividere le stesse problematiche, frustrazioni e aspirazioni, decidendo di mettersi in gioco per determinare il loro futuro agendo secondo principii di lealtà e trasparenza. È grazie a persone come loro se possiamo sperare di cambiare il sistema-Italia, non solo nel nostro campo.

 

Con franchezza, siete ancora disposti a rimanere in Italia?

Effettuare il periodo di formazione specialistica in un altro Paese è una perdita per lo Stato, che si vede sfuggire un medico sulla cui formazione ha investito per sei anni, e certo non una scelta facile dal punto di vista personale, ma rimane oggi un’opzione più che valida per molti giovani medici. A formare tale opinione concorrono diverse ragioni, una formazione e appagamento professionale che spesso non sono delle migliori, la volontà di non perdere un anno per un esame di abilitazione non selettivo e di dubbia utilità, e certamente anche le metodiche di selezione dei futuri specialisti.

Dall’analisi delle risposte ad un questionario da noi somministrato lo scorso anno a circa 300 aspiranti specializzandi, è emerso come il 40,8% di loro pensava alla fuga dall’Italia e, fatto forse ancora più sconcertante, il 79,6% di essi considerava le attuali poco trasparenti modalità concorsuali una spinta forte o fortissima in tal senso. (si allega report completo)

I coordinatori del Comitato Pro Concorso Nazionale

Raffaele Nappi

 

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Un’altra immagine degli specializzandi
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