La salute del fuorisede

L’INCHIESTA.Come si curano gli studenti i malanni di stagione? A chi fanno riferimento quando sono dei fuorisede e non possono ricorrere al proprio medico di base? Un click sul sito istituzionale del proprio ateneo potrebbe risolvere molti problemi, tra i quali l’automedicazione selvaggia

Fuorisede: studente giovane, solitamente senza residenza, per il quale il diritto allo studio e quello alla salute confliggono. Definizione amara, ma reale. Non formale, ma sostanziale. Nella quotidianità di migliaia di studenti italiani c’è la scelta della lontananza in cerca di opportunità formative che, di questi tempi, sono anche doveri da cittadino per bene. Doveri pieni di insidie. Prima fra tutte: un raffreddore. Un colpettino di tosse. Un po’ di bruciore alla gola. Un’insidia che ha un nome – malattia – e un curatore – medico di famiglia. Medico che la vox popoli preclude a chi non ha la residenza. Tra poco vedremo che non è sempre così. Intanto, torniamo accanto al nostro amico fuorisede. Per lui le barriere logistiche della media città italiana valgono doppio. Mezzi pubblici da Paese a rotoli e Università sempre più esamifici lo allontanano dalla salvaguardia della propria salute. E lo fanno sentire tristemente solo.    
Non siete soli, c’è l’Ateneo – Invece, solo non è. Perché non è vero che ai fuorisede sia per forza precluso il medico di base gratuito e complementare a quello della Asl di provenienza. E, buona notizia nella notizia: la via per avervi accesso passa attraverso l’istituzione universitaria. Strada resa possibile dalla legge 390 del ’91, che offre agli enti per il diritto allo studio la possibilità di stipulare convenzioni con le asl. E in molte si sono prese a cuore il problema. Problema che si può chiamare a volte “nero”, come è spesso il colore dell’affitto che il fuorisede si trova a pagare alla fine del mese; a volte “complementarietà”, cioè l’indisponibilità da parte dello studente a lasciare il medico di famiglia della terra natia, quello che lo conosce da una vita. E allora lo studente, che fa? È, ovviamente, ancora un cittadino italiano. Quindi, si può rivolgere ad un medico convenzionato Asl con la tessera sanitaria. Il problema viene alla fine della visita, quando il dottore vuol essere – giustamente! – pagato. Il fuorisede, a quel punto, sborsa, e mantiene la ricevuta per percepire il rimborso quando farà la dichiarazione dei redditi. Lui? Più probabilmente, suo padre. Farraginoso è dir poco. Complicato, pure. Diciamo: scoraggiante. Ecco che interviene il sistema Paese, che per il fuorisede con la febbre e un po’ di tosse è la soluzione di:  Ateneo + Ente per il diritto allo Studio + Regione + Asl. Che, a volte (vedi il pezzo sul “dove”) si alleano. E semplificano il tutto, dando un medico “complementare” (o, più spesso, temporaneamente unico) al fuorisede. Così, finalmente, si cura. A gratis.
Chi fa da sé fa per quanti? – Anche per l’assistenza sanitaria, il sistema universitario italiano è insomma una lucerna di galileiana memoria, ed “eppur si muove”. E quindi, prima di abbandonarsi in fuga dai ticket a pratiche di automedicazione selvaggia, è bene dare un bel click sul sito istituzionale del proprio Ateneo (cosa che non passa neanche per la testa agli studenti italiani, o almeno così sembra a leggere le interviste che abbiamo realizzato a tre fuorisede d’Italia). Motivi per evitare il far da sé ce ne sono: primo: non è tutto male quello che tossisce (vedere il box sul mercato farmaceutico per credere); secondo: occorre stare con gli occhi bene aperti. L’automedicazione, infatti, è una pratica che, alla lunga, diviene terribilmente costosa. Tre italiani su quattro la praticano rimpinzando le industrie farmaceutiche fino a fargli staccare una fattura al Paese – tutto compreso – di quasi 25 miliardi di euro l’anno. E, sempre più spesso, l’automedicazione  passa dai bit di internet prima di incunearsi nella carne dei cittadini. On-line, infatti, proliferano i siti che pubblicano consigli, diagnosi e cure. Alcuni prestigiosi e autorevoli (come www.medicitalia.it), altri che son pericolose patacche senza nemmeno il camice virtuale. Occhi aperti, insomma: per un corpore sano degno di una mens sana avere un medico al fianco fa bene anche al portafoglio.
Simone Ballocci

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