Libera la libertà

L’associazione Libera, il Comitato don Peppe Diana e la Seconda Università degli Studi di Napoli collaborano per costruire “l’architettura della socialità”.

Il Festival dell’Impegno Civile, la manifestazione contro le mafie giunta alla sua terza edizione , dallo scorso lunedì 24 maggio sta facendo tappe in diversi luoghi della nostra regione per parlare e soprattutto combattere la criminalità organizzata.
Ad ospitare la giornata del Comune di Aversa, è stato il bene confiscato in via Ruffini, una casa appartenuta alla malavita.
L’associazione Libera, il Comitato don Peppe Diana e la Seconda Università degli Studi di Napoli con un’intesa sorta nel 2008 collaborano per costruire “l’architettura della socialità”. Proprio come ha spiegato la vice preside della Facoltà di Architettura prof.ssa Danila Jacazzi: “La nostra è l’unica facoltà d’Italia ad aver stipulato un accordo del genere. Abbiamo approntato progetti di architettura in senso civile ed è stato un cammino faticoso – ha poi continuato – inizialmente solo tre, quattro comuni avevano dato la loro disponibilità a sostenerci. Oggi ne contiamo dieci e ben centoventi sono i ragazzi che cooperano con noi volontariamente”. Il prof. Massimiliano Rendina ogni anno ha quindici tesisti con cui lavora sul delicato tema della camorra attraverso il progetto “Divieto di accesso”, ma non solo, perché come ha continuato a spiegare la Jacazzi, la loro facoltà inizia un percorso già dai tirocini, passando alle tesi e concludendo con il dottorato di ricerca. E questi meriti sono stati riconosciuti dalla Biennale di Venezia che, il prossimo agosto, nel padiglione Italia ospiterà la facoltà di architettura e questi lavori sociali di gran valore accanto alle opere dei maggiori architetti italiani.
L’etica LIBERA la bellezza” è uno dei messaggi chiave della giornata: libera come liberare ma anche libera associazione come ha spiegato Valerio Taglione della sezione Caserta: “Le terre di don Peppe Diana sono le terre di un popolo che si sta riscattando anche se questa rivoluzione è sconosciuta alla maggioranza della gente”. Dare un nome ai beni, questo è stato un altro messaggio chiave ripreso in più battute dai relatori. Non si può dire ex casa di, villa scarface, questi luoghi ora sono tutt’altro e vanno rinominati.
“I nostri nonni hanno visto la guerra e la fame, per fare la differenza c’era bisogno di star economicamente bene. I nostri genitori per fare la differenza dovevano studiare, c’era chi sapeva e chi non sapeva. Oggi, per fare la differenza, dobbiamo dare senso al vivere quotidiano e non lasciare che le cose ci scivolino sopra con indifferenza” ha affermato il dott. Leandro Limoccia Presidente del Collegamento Campano contro le camorre per la legalità e la nonviolenza “Gennaro Franciosi”.
Il bene di via Ruffini ora è una ludoteca che ospita i ragazzini della zona durante il pomeriggio intrattenendoli con attività e giochi. Un modo per ribaltare completamente ciò che in passato rappresentava questa villa, un progetto per dare dignità alla speranza, speranza alla dignità.
Martina Gaudino

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